Un discusso invito natalizio ai cristiani dal premier indiano

Mossa a sorpresa del premier indiano Narendra Modi: ha invitato nella sua residenza una nutrita rappresentanza di leaders cristiani, per celebrare il Natale
Narendra Modi Ansa EPA/HARISH TYAGI

Ha suscitato reazioni contrastanti la mossa a sorpresa del Primo Ministro indiano Narendra Modi che, per la prima volta da quando è al potere, il 25 dicembre scorso ha invitato presso la sua residenza una nutrita rappresentanza di leaders cristiani, per la celebrazione del Natale. Presenti per l’occasione, accanto a numerose personalità delle diverse Chiese presenti in India, anche il card. Oswald Gracias, arcivescovo di Mumbai, personalità di riferimento della Chiesa cattolica in India come mons. Anil Couto, arcivescovo di Delhi, ed altri particolarmente impegnati nel settore educativo, nel quale i cristiani hanno un ruolo di indiscusso prestigio.

L’avvenimento è stato letto in modo diverso all’interno delle comunità cristiane del Paese, che contano circa il 2% della popolazione totale (superiore ormai al miliardo e quattrocento milioni). Non pochi osservatori hanno visto nell’invito di Modi un tentativo di riattivare la politica di corteggiamento già messa in atto in passato nei confronti della comunità cristiana.

Modi, nel suo indirizzo ai presenti,  ha sottolineato la vicinanza di valori tra le diverse fedi in India, portando l’esempio della Bibbia che propone la virtù nel servizio agli altri. «Nella Sacra Bibbia – ha affermato il premier – si dà grande importanza alla verità e si dice che solo la verità ci mostrerà la via della salvezza». Ha, inoltre, sottolineato analogie e somiglianze tra il testo sacro cristiano e le Upanishad, uno dei testi più antichi della tradizione religioso-filosofica della cultura indiana, che si concentrano sulla conoscenza della verità ultima come via per ottenere la liberazione dal ciclo delle reincarnazioni.

Non ha mancato, poi, di inserire nel discorso la sua nota retorica politica, affermando che il bene dell’immenso Paese è legato proprio a questi valori comuni e all’impegno di tutte le comunità religiose a metterli in atto. «Per l’India moderna del XXI secolo – ha sottolineato Modi –, questa cooperazione e spirito di ‘sabka prayas’ (sforzi di tutti) porteranno il Paese a nuovi livelli». Un invito, quindi, a tutte le comunità cristiane dell’India di essere pienamente parte del suo progetto politico, che rimane chiaramente l’Hindutva: L’India come Paese degli indù.

Il cardinale Gracias ha ringraziato il primo ministro per il suo invito e la sua presenza ed ha anche osservato che il giorno di Natale segna l’anniversario della nascita dell’ex primo ministro Atal Bihari Vajpayee, che fu il primo capo di governo del Bjp [il partito di Modi]. Bihari Vajpayee aveva però un’agenda politica assai meno divisiva di quella mostrata dal governo Modi nell’ultimo decennio.

Molte, all’interno del variegato mondo cristiano dell’India, le reazioni di scetticismo e anche di contrarietà all’iniziativa del Primo Ministro. In effetti, secondo le agenzie sui diritti umani, già nel 2014 quando Modi è entrato in carica, sono stati segnalati 147 episodi di violenza e arresti nei confronti di cristiani. Da allora si è osservata una vera e propria escalation: i casi di contrasti contro comunità o singoli cristiani sono via via aumentati. Sono stati 177 nel 2015, 208 nel 2016, 240 nel 2017, per arrivare a 599 nel 2022 e 687 fino a novembre 2023.

Quasi ignorando la realtà dei fatti, il leader politico ha poi sottolineato il ricordo del suo incontro con Papa Francesco, dal quale ha detto di essere stato profondamente colpito. Modi, che in occasione del suo incontro con Bergoglio del 2021, ha invitato il papa a visitare l’India, ha citato uno dei messaggi del pontefice per il Natale degli anni scorsi, in cui il Papa invocava la benedizione di Cristo su coloro che lottano per porre fine alla povertà. Anche in questo riferimento ha poi rimandato ad un noto mantra che recita: «Sabka Saath, Sabka Vikas, Sabka Vishwas e Sabka Prayas” (l’aiuto di tutti, la crescita di tutti, la confidenza di tutti e gli sforzi di tutti). Reiterando in questo modo la necessità di un pieno coinvolgimento delle comunità cristiane nel suo progetto politico per una grande India.

L’iniziativa del Primo Ministro indiano, quindi, se, da un lato, pare aver dato un chiaro riconoscimento al contributo che i cristiani danno e possono sempre più dare al Paese, dall’altro, sembra non tenere conto delle forti discriminazioni a cui i cristiani sono sempre più soggetti proprio a causa della sua linea politica ormai chiaramente caratterizzato da un fondamentalismo e un populismo indù che discrimina altre religioni, soprattutto l’Islam ma anche, sia pure in modo diverso, il cristianesimo.

Nella prospettiva nazionalista indù e nella rispettiva narrativa, l’Islam e il Cristianesimo sono entrambe considerate religioni straniere. Una delle personalità più autorevoli del fondamentalismo indù, che supporta il governo Modi, ha recentemente scritto in un libro intitolato Bunch of Thoughts (Un mucchio di pensieri), che musulmani, cristiani e comunisti sono una minaccia interna per la nazione indù.

La propaganda dei volontari nazionalisti (Rss) nelle sedi locali del partito è condotta su queste linee. Con l’aumento di intensità delle attività nazionaliste indù, la violenza anticristiana è ora iniziata anche e soprattutto nelle aree abitate da popolazioni tribali, qui chiamate adivasi. In questo ambito da tempo si sostiene che i missionari cristiani hanno effettuato le conversioni con la forza, la frode e l’adescamento.

Difficile, quindi, non comprendere lo scetticismo delle comunità cristiane di fronte all’atto sia pure lodevole del Primo Ministro nel giorno di Natale. La sincerità di quella iniziativa la si scoprirà forse meglio nel corso dei prossimi mesi, che saranno quelli che precedono le prossime elezioni politiche. Dove, peraltro, Modi appare destinato a conquistare un terzo mandato.

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