Un Dio contromano
Quella grotta continua ad interrogare chi ha il coraggio di sostare davvero. E si sgretolano le nostre presunte certezze.
Natale uguale panettone, spumante, acquisti, regali, sorrisi di un giorno. Chi pensa da buon cristiano dice che sono surrogati, rivestimenti della vera realtà di Dio che è nato da Maria. Perché Natale è la messa di mezzanotte, il presepio (non Santa Klaus, per favore!), tutta la famiglia attorno alla tavola, il pacco per i poveri. Per festeggiare Dio fatto bambino.
Ma hai mai visto questo Dio, tu? Che faccia ha? Come la pensa? Quali sono i suoi gusti e le sue preferenze? Le risposte sono più delle domande. Ognuno ha la sua da dire ed è normale. Ma noi cristiani non diciamo che siamo fortunati, perché Dio ci si è rivelato, si è fatto uomo, ha parlato, agito, è morto e risorto e ci ha lasciato la sua parola? Noi sappiamo chi è Dio.
Più o meno. In nome di questo Dio manifestatosi in Gesù quelli che si dicono cristiani si sono ammazzati a vicenda, hanno messo sui roghi quelli che non la pensavano come loro, hanno sostenuto che la proprietà privata è sacra e inviolabile oppure che bisogna eliminare i ricchi perché siamo tutti uguali, vogliono difendere la civiltà europea (cristiana?) buttando in mare dei poveri cristi disperati.
Evviva Cristo! Fabbricato a immagine e somiglianza del cristiano di turno. Forse la chiave di lettura sta proprio qui: esiste un originale e varie copie. Ho l’impressione che si siano invertite le parti e le copie abbiano preteso di spacciarsi per l’originale, vendendo per buono un falso (o molti falsi).
Pensavo a questo, percorrendo recentemente le strade sassose della terra dove Gesù è passato, guardando quel lago attraversato con gli apostoli impauriti, quella città, Gerusalemme, dove si è consumato il dramma della sua vita. Che Gesù (che Dio) ha incontrato quella gente della Galilea, della Samaria, della Giudea? È proprio quello che si pensa di solito?
Dove e come è nato? Fuori dalla città, festeggiato (si fa per dire) da un branco di pastori assonnati, emarginati anche loro dalla società bene. E, poco dopo, questa nascita si colora del sangue di coetanei innocenti del bambino, colpevoli solo di essere sospetti candidati a rovesciare un criminale dal trono. E poi questo Gesù (Dio?) butta via trent’anni di vita (la giovinezza, con i suoi sogni) nell’assoluto anonimato, in un paesino disprezzato nella regione, facendosi i calli col legno d’olivo.
Finalmente decide di cacciare la testa fuori da quel buco di Nazareth, mettendosi a fare il “maestro”. Ma mica come gli altri! Che bella compagnia si è scelto: gente ignorante, litigiosa, ambiziosa e in più un certo Matteo, un ladro di professione. Quando ha cominciato a parlare, ha detto: «Beati i poveri, guai a voi, ricchi!». E, di fatto, non ha dormito nei palazzi.
Deve aver imparato questo da sua madre, che quando era incinta ha intonato un canto nel quale sognava di poveri che occupavano i troni dai quali i potenti erano stati scalzati, e di affamati seduti alla tavola dei ricchi che li guardavano a stomaco vuoto.
E che preferenze aveva: pubblicani (ladri ufficiali), prostitute. Ricordate quella donna che ha fatto irruzione nella casa di un uomo stimato per la sua religiosità? Si è buttata ai piedi di Gesù (Dio?) e lui si è lasciato toccare a lungo da questo essere impuro, provocando lo scandalo dei presenti. L’ha presentata come esempio di amore, declassando la rispettabilità del padrone di casa.
Non sono casi isolati, ma il suo stile di vita, i criteri che guidano le sue scelte e che propone agli altri, soprattutto ai discepoli. Lo cercano per farlo re? Fugge via. Essere i primi nel regno? Macché! Ultimi e servi di tutti. Chiama Erode «volpe» e dice che quelli che governano le nazioni le dominano e opprimono. Ama i bambini che disturbano gli apostoli e li vuole vicini a sé.
Non è affatto un tipo equilibrato, di quelli che vanno d’accordo con tutti, che dicono di sì a tutti, che non vogliono offendere nessuno (e ci vorrebbe così poco!). Ma allora non ama tutti? Sì che li ama, ma non come loro vogliono essere amati, perché dice pane al pane e vino al vino, senza domandare il permesso a nessuno, ma anche senza escludere nessuno.
È chiaro che ha delle preferenze: gli esclusi socialmente e religiosamente. Vuole portarli “dentro” e per questo fa loro posto. Il problema è che quelli che sono già insediati non vogliono fare spazio, né a loro né a lui, e lo accusano di non rispettare le regole. Lo accusano di essere sovversivo e, in realtà, lo è: non sopporta e non si lascia irretire da regole di morte (sabato, purificazioni, digiuni, meriti…) per garantire una società e una religione di morti.
Una discriminante è chiara nella vita e nelle parole di questo Gesù (Dio?): l’importante non è lui, ma l’altro, e quanto meno l’altro è importante per la società, tanto più diventa importante per lui. Non è un Dio (?) che chiede adorazione e lode, ma che conferisce dignità a chi non l’ha, perdendo la propria. Chi l’ha già (o se l’è attribuita) ha già ricevuto la sua ricompensa. È un Dio radice dell’albero e non chioma, radice che permette alla chioma di svilupparsi e fiorire.
È un Dio contromano. Quanti lo incontrano? Pietro cerca di farlo ragionare; i suoi parenti temono che sia impazzito; i farisei e i capi religiosi lo odiano perché smuove le fondamenta delle loro costruzioni religiose privilegiate; il popolo tenta di usarlo per riempirsi la pancia… Alla fine della sua vita il suo seguito si è rarefatto, ma lui non recede dalle sue idee e dalle sue scelte.
Perché?
È stato il suo grido alla fine.
Perché?
Una domanda che smonta le nostre certezze su Dio, il nostro linguaggio fatto di affermazioni presuntuose: «Dio è così e cosà; la pensa in questa maniera; il vero cristianesimo è questo».
No. Dio è un’interrogazione, che mette in scacco tutte quelle nostre affermazioni sicure e i comportamenti che ne conseguono: «Se agisci così, sei un vero cattolico; questa è la volontà di Dio su di te; questi sono buoni e quelli sono cattivi; qui ci sono i nostri e là stanno i loro».
Perché?
Dio è amore.