Un David d’oro
Il sorriso accennato, disarmante, sotto la ciocca di capelli dorati e sotto gli occhi cerchiati dalla foglia d’oro, così come l’oro si alza sul bruno nelle bordure della lorica e del gonnellino. Il celebre bronzo del Verrocchio, fratello di quello donatelliano, morbidamente classico, ma a questi non uguale, appare ora – dopo un res t a u r o triennale – riportato alla sua giovinezza artistica. Abituati a considerare il marmo di Michelangelo come “il” David, scoprire il fascino di quest’opera levigata, impreziosita dalle decorazioni arabeggianti delle vesti così cara al Quattrocento fiorentino e all’autore che esordisce come orafo, è un’esperienza non comune. Verrocchio non mira alla proporzione delle forme, sfuma la plasticità ma non la sottintende (i muscoli delle gambe e delle braccia sono pieni di nervi): si concentra sul volto dell’adolescente, non bello ma espressivo, cadenza la figura con la grazia della posa. Più che di forza e di vittoria, questo è il ritratto di una giovinezza raffinata e sicura, forse un po’ sfrontata, amante di tutto ciò che è bello e prezioso. Come i committenti Medici, che la destinano dapprima ad un interno del proprio palazzo – il David donatelliano è invece al centro del giardino -, poi la vendono nel 1476 alla Signoria che ne fa un eroe-profeta, simbolo della libertas repubblicana all’ingresso della sala dei Gigli a Palazzo Vecchio. Il restauro, delicatissimo – ché la “foglia d’oro” era stata incollata al bronzo con enorme possibilità di rovina -, ha restituito un’opera che getta luce sull'”altra” via del Rinascimento: quella di Lippi o Botticelli, cioè della forza dell’eleganza e della “grazia” esterna come segno di libertà interiore. Il Bronzo e l’Oro. Il David del Verrocchio restaurato. Firenze, Museo Nazionale del Bargello. Fino al 9/11 (catalogo Giunti), poi ad Atlanta e Washington fino al 21/3/04.