Un cuore aperto e universale
Padre Jesús Castellano, col sorriso di sempre, è solo, quel 24 aprile 2005, in ginocchio davanti al papa. Solo, ma dietro a sé c’è una piazza San Pietro gremita come nelle grandi occasioni. E questa è una grande occasione, il solenne inizio del ministero petrino di Benedetto XVI. Solo davanti ad un amico con il quale, fino a poco tempo prima, ha collaborato nella Congregazione per la dottrina della fede, quando il papa era ancora il card. Ratzinger. Solo, ma porta con sé tutta la vita consacrata e la offre al papa. 15 giugno 2006. Padre Jesús Castellano è nuovamente solo, davanti alla morte. Ma questa volta è una solitudine reale, condivisa con tanti di quei poveri che aveva amato e servito. Si accascia a terra, schiantato da un infarto, mentre cammina per una strada di Roma in attesa di poter partecipare con il papa alla festa del Corpus Domini. Mani sollecite lo soccorrono (c’è sempre un buon samaritano sulla nostra strada) e lo conducono all’ospedale dove giunge come una salma anonima. Termina nel silenzio una vita ardente, consumata dal servizio costante verso tutti, senza risparmio, senza distinzione di persone, dal papa all’usciere. È il giorno del Corpus Domini. Non c’è festa più adatta per essere chiamato al Cielo a celebrare quella divina liturgia di cui è stato un’anima innamorata, un appassionato studioso, un accurato scrittore. Così come non c’era persona più adatta, il 24 aprile 2005, per consegnare nelle mani del papa l’attestato di fedeltà e d’amore della vita consacrata e carismatica. Padre Jesús gli portava il Carmelo, innanzitutto. Aveva parlato e scritto su tutte le grande figure dell’ordine, soprattutto su Teresa di Gesù. Quando fu proclamata dottore della Chiesa scrisse su di lei un’opera suggestiva, con freschezza teologica e spirituale. A lui si deve anche il cammino per il dottorato di Teresa di Gesù Bambino. Portava al papa anche le altre famiglie religiose. Ha guidato centinaia di studenti nello studio dei fondatori e delle fondatrici; ha animato capitoli generali; ha esercitato la direzione spirituale a un numero indefinito di suore, frati, e il discernimento vocazionale dei candidati…. Il suo abbraccio giungeva fino ai carismi contemporanei. Dalla fine degli anni Settanta aveva preso contatto con la comunità di Taizé, poi con i neocatecumenali e con molti dei vari movimenti e delle nuove comunità che iniziavano a sorgere in quegli anni: Comunità Missionaria di Villaregia, Comunità di Gerusalemme, di Sant’Egidio… Fu uno dei primi ad iniziare, in una università pontificia, un corso sistematico su queste nuove realtà della Chiesa. Parlava di esse con realismo e insieme con un grande amore, come se lui appartenesse ad ognuna di esse. Ed ognuna di esse lo sentiva come un amico, una persona di fiducia, a cui ricorrere per un consiglio, per un aiuto. Sempre premuroso a sostenere la causa della maturazione ecclesiale del nostro movimento – scrive Salvatore Martinez del Rinnovamento dello Spirito -. Dotato di tanti doni spesi con passione e abnegazione per promuovere una spiritualità di comunione e di fraterna collaborazione tra i profili istituzionale e carismatico della Chiesa. Ma quali sono gli ambiti ecclesiali nei quali padre Jesús non ha portato la sua luce, la sua sapienza, il consiglio, sempre accompagnati dal sorriso, dalla capacità di sdrammatizzare? Conferenze e lezioni per il mondo intero, pubblicazione di libri e studi, servizio alla sede di Pietro… L’arcivescovo Leonardo Sandri, sostituto della Segreteria di Stato del Vaticano, ricorda con gratitudine il suo prezioso e apprezzato contributo prestato in tanti anni di fedele collaborazione alla sede apostolica . Il segretario della Congregazione per la dottrina della fede, l’arcivescovo Angelo Amato, sottolinea la collaborazione discreta ma indefessa e valida fornita a quella congregazione e ad altri dicasteri pontifici; sapeva unire la fedeltà rigorosa alla sacra dottrina con l’acutezza nell’analisi dei problemi, l’equilibrio e la saggezza nella loro valutazione, l’approccio positivo nell’affrontare nuove questioni e l’attenzione alla rivisitazione del grande patrimonio spirituale e teologico della tradizione cattolica. Sono contento di poter lavorare per il papa e per la Chiesa, usava ripetere padre Jesús. Un giorno, entrando nella stanza di un amico, vide l’immagine della Madonna d’Alta Grazia, patrona della Repubblica Dominicana. La conosco bene – gli disse -. L’ho contemplata a lungo, prima di preparare la preghiera che il papa le ha rivolto. Lavorava così, padre Jesús. Il suo, a volte, è stato un servizio anche sofferto, come in occasione della divisione delle monache carmelitane nel 1990, un dolore molto forte e una prova per il suo amore alla Chiesa e al papa. Ma fuori non lasciava trapelare il suo patire, le notti, che pure c’erano. Le espressioni raccolte subito dopo la sua morte sono come tante luci che brillano sul suo volto costantemente sorridente: Un vero fratello di tutti, un cuore aperto ed universale, una vita ideale vissuta nella semplicità e nell’umiltà nonostante il suo altissimo livello culturale, sapienza e scienza; santità e normalità; intuizioni e concretezza, un tessitore di unità, come uno che contempla la verità, sempre raggiante, coniugava competenza, sapienza e semplicità… A me – scrive un carmelitano dalla Spagna – sempre domandava: Stai bene? Hai bisogno di qualche cosa? In cosa posso darti una mano?. Sempre disposto a comunicare e ad ascoltare. Se avevo bisogno di qualche testo della biblioteca del Teresianum sapevo che potevo telefonare lui e subito avevo i dati richiesti. Era un uomo importante – racconta una suora -, lo sappiamo tutti, aveva incarichi rilevanti, una cultura e preparazione considerevoli; eppure quando stavo con lui non mi sentivo a disagio, al contrario era sempre capace di tirare fuori il meglio di me. Non è mai stato geloso della sua ricchezza personale e te la metteva a disposizione con una grande semplicità. C’è un aspetto che, forse più di altri, sembra abbia sintetizzato la sua vita: la passione per l’unità. Lui stesso racconta: Fin da giovane studente ho sentito tanto la passione per l’unità. Già prima di essere ordinato sacerdote recitavo la preghiera sacerdotale di Gesù. L’ho recitata a memoria, disteso per terra, il giorno della mia ordinazione sacerdotale, mentre si cantavano le litanie dei santi. È forse questa passione che l’ha reso particolarmente sensibile al carisma dell’unità di Chiara Lubich. Giovane formatore, nell’estate 1969, partecipò con un gruppetto dei suoi studenti alla Mariapoli di Rodez, in Francia. Fu l’inizio di un rapporto sempre più profondo con i Focolari, che lo condusse a far parte del centro studi del movimento, la Scuola Abbà. In Chiara Lubich aveva visto convergere, come scriveva nella introduzione ad una raccolta di suoi scritti, La dottrina spirituale, la solidità di una dottrina pienamente cattolica che riassume le istanze più vive della spiritualità di tutti i tempi, ma con il tono moderno e attualissimo di una apertura a tutto l’umano. Si era trovato davanti a una spiritualità nuova e originale. Lo stesso castello interiore di Teresa d’Avila, tutto centrato sull’esperienza personale di Dio, lo vedeva trasformato nella parabola del castello esteriore dove Dio fissa la sua dimora in mezzo a noi, per introdurci nella vita trinitaria. Vi riconosceva un ideale nuovo di santità comunitaria, vissuto insieme nei mille riflessi della reciprocità, secondo il principio del dinamismo trinitario dell’amore che si realizza nel dono totale di sé. Il 1° aprile di quest’anno, al termine di un convegno tenuto al Claretianum nel primo anniversario del conferimento a Chiara Lubich del dottorato honoris causa in vita consacrata, padre Jesús concludeva la sua relazione con una testimonianza personale, quasi una chiave di lettura del suo cammino ecclesiale: Ringrazio il Signore per aver conosciuto da molto vicino Chiara ed il suo carisma. Anche per me sono vere le prospettive che il carisma dell’unità ha donato alla comprensione ed al vissuto del mio carisma: a) la scoperta della radice evangelica del carisma carmelitano teresiano; b) il desiderio di rendere vive oggi nella Chiesa la vita e la dottrina di Teresa di Gesù e di Giovanni della Croce; c) la comprensione del carisma e del patrimonio dei santi del Carmelo nella Chiesa nella luce dell’unità, come un tutto nel frammento e come un frammento che ha bisogno del tutto e di tutti gli altri carismi; d) la gioia di poter intravedere questi ed altri carismi come disegni celesti ed incarnati per il dialogo e l’unità con tutti. Non saprei vivere, né capire, né servire oggi la Chiesa, con una visione così ampia ed attuale, se non avessi avuto questa grazia che condivido con molti, d’essere oggi un figlio di Teresa e di Giovanni della Croce, illuminato dal carisma dell’unità di Chiara Lubich. Quello di Chiara Lubich gli appariva come uno dei vertici originali e una delle sintesi della spiritualità cristiana di tutti i tempi. Forse l’affermazione può sembrare eccessiva – aggiungeva -, ma si può prevedere che un giorno gli storici della spiritualità e della mistica, i teologi e i maestri, riconosceranno in lei una testimone eminente della spiritualità di tutto l’arco cristiano, una persona in cui le vie spirituali apparse lungo la storia convergono e si armonizzano, si arricchiscono e si rilanciano verso un futuro di luce. Non occorre aspettare il futuro: padre Jesús Castellano l’ha già riconosciuto.