Un crescendo di solidarietà
Da tutto il mondo arrivano aiuti. Pure nell'isola ci si attiva. Soprattutto a Santo Domingo, ma anche ad Haiti.
L’attenzione mediatica su Haiti va calando, ma la gente dell’isola fortunatamente non viene lasciata sola. Sono in molti a offrirsi per essere d’aiuto al di là delle donazioni in denaro.
Ma non è soltanto dall’altro capo dell’oceano che ci si attiva. Nella Repubblica Dominicana, che aveva inizialmente chiuso il confine con Haiti temendo l’ondata di sfollati, è partita un’inaspettata catena di solidarietà. La frontiera è aperta sia ai dominicani che vanno a dare una mano nei soccorsi, che agli haitiani feriti, accolti negli ospedali ormai pieni. Molti sono gli aerei che atterrano a Santo Domingo, portando aiuti, attrezzatura e personale specializzato. Anche i media locali incoraggiano la gente a contribuire come può: molti giovani si sono uniti alle squadre di soccorritori, e nei punti di raccolta degli aiuti si vedono spesso lunghe file in attesa di scaricare ciò che le comunità donano.
Ma anche nella stessa Haiti la disperazione ha fatto spazio alla condivisione: dopo i primi giorni, quando si poteva morire per accaparrarsi il cibo, ora per sconfiggere la fame si divide quel poco che si ha: il New York Times racconta di un bambino che, dopo essere riuscito a procurarsi un piatto di fagioli, l’ha conservato per farne parte con i suoi sei fratellini, sopravvissuti di una nidiata di dodici figli. Qualunque cosa si trovi, deve essere condivisa. La solidarietà tra poveri sta facendo ripartire la vita nell’isola.
Il Movimento dei focolari, come altre iniziative non governative, ha attivato dei conti correnti su cui raccogliere fondi per la costruzione di una casa di accoglienza per gli sfollati. Il progetto iniziale prevedeva di ospitare venti famiglie, ma la struttura verrà ampliata per venire incontro alle tante necessità che ogni giorno nascono: sempre più persone, anche su sollecitazione del governo, stanno lasciando la capitale, per trovare rifugio nelle campagne da cui provengono – ma dove spesso non hanno più nulla.
Intanto l’intera famiglia del movimento si stringe attorno agli haitiani. La presidente Maria Voce ha inviato un messaggio di solidarietà: «Siamo con voi, e seguiamo momento per momento le notizie che arrivano. Vorremmo che tutti sentissero veramente la famiglia dei Focolari unita a pregare e a vivere con loro il dolore. Speriamo che possano arrivare tutti gli aiuti necessari. Chiediamo a Maria di fare fruttificare al massimo questa prova per una più grande invasione d’amore nel mondo».
Significativa la solidarietà dei terremotati dell’Abruzzo: «Carissimi fratelli e sorelle di Haiti, forse pochi possono capire come noi cosa state vivendo, e sapere quante sofferenze fisiche, morali e psicologiche state affrontando. Sappiate che noi della comunità dell’Abruzzo vi siamo vicini e preghiamo incessantemente, affinché il Padre vi consoli. Non vi lasceremo soli per tutte le vostre necessità, e per aiutarvi a guardare ad un futuro più sereno».
Voci da Petion Ville
Padre Luis Jean Sander, parroco in una cittadina a dieci km dalla capitale, ci descrive la situazione al di fuori dell’epicentro non solo del sisma, ma anche dell’attenzione mediatica e umanitaria.
«La gente ha fame. La principale urgenza qui è il cibo». Non usa mezzi termini padre Luis Jean Sander, parroco a Petion Ville, cittadina a 10 km da Port-au-Prince. Sebbene la zona sia stata colpita meno duramente dal sisma rispetto alla capitale, i danni e le perdite sono comunque ingenti: «I morti e i feriti si contano a centinaia, anche tra i miei parrocchiani. Interi quartieri sono quasi totalmente distrutti: le scuole e l’ospedale sono crollati, e anche la chiesa è danneggiata».
Sebbene la canonica abbia resistito alla scossa, le numerose crepe costringono padre Sanders – che fortunatamente non è mai stato in pericolo di vita – a dormire all’addiaccio, per paura di possibili crolli. Ma il suo pensiero va soprattutto ai parrocchiani: «Molti hanno perso figli, parenti, amici, case, lavoro. A tutto questo si aggiunge la paura di nuove scosse, in un misto di disperazione e rassegnazione».
Sebbene gli aiuti internazionali siano arrivati, a sentire padre Sander le critiche all’organizzazione dei soccorsi non sono del tutto infondate: «Certo qualcosa è arrivato, ma servirebbe di più. La nostra zona, purtroppo, è stata un po’ trascurata».
A.C.