Un coro per i poveri
L’ideatore è stato lui, Omar Flavio Careddu, un terziario francescano, violoncellista, insegnante degli Indirizzi musicali di Bolzano, che, insieme a sua moglie Elena Nardo e a un gruppo di persone impegnate nel sociale, ha messo in piedi quest’iniziativa con cui vogliono trasmettere attraverso la musica un messaggio di pace e di solidarietà.
Attualmente il coro è formato da un numero di 30 persone e un ensemble strumentale composto da due chitarre classiche e una acustica, un violoncello, un’arpa, un mandolino e un’armonica a bocca. Insieme girano l’Italia con un variegato e vivace repertorio, con la volontà di essere portatori attivi del Vangelo, non tanto con la parola, ma con la loro vita e le loro azioni.
Facciamo però un passo indietro, perché la fondazione di questo particolare coro non si comprende senza conoscere la storia del suo direttore, Omar Careddu. Nato a Milano, figlio di papà sardo e mamma seicellese, entra molto presto nel mondo della musica. Già a 16 anni gira il mondo insieme a importanti artisti e ha amici di tantissime nazionalità e religioni diverse. Questo splendore della sua carriera artistica a una giovane età lo porta, come lui stesso spiega, a perdere la bussola della fede, che guida invece la sua famiglia.
Infatti, i suoi genitori sono persone dotate di una grande spiritualità. Un episodio su tutti segnerà la vita del musicista e servirà a mettere la prima pietra per svegliare la sua inquietudine e riprendere, anche se col trascorrere degli anni, il suo rapporto con Dio. Quando lui è ancora un ragazzo, sua madre si ammala di cancro. Quindici giorni prima di morire, gli dice delle parole che Omar non ha mai più dimenticato: «Non preoccuparti, sono sicura di andare da Gesù, e farò in modo di mettere una buona parola per te», e ancora, un’affermazione che per ben 12 anni lo inseguirà come una fissazione nella testa: «Io morirò tra 15 giorni, e per dimostrarti che è vero, tu non riuscirai a raggiungermi, perderai l’aereo. Questo, affinché ti rimanga un tarlo di conversione nel cuore». Come predetto, due settimane dopo il giovane sta per prendere l’aereo diretto in Sardegna, quando il volo da Milano viene improvvisamente cancellato per “problemi tecnici”. Poco dopo arriva la chiamata che gli comunica la mancanza della mamma.
Non passa molto tempo prima che anche suo padre lasci questa terra, preso da una forte depressione che gli produsse un cancro allo stomaco. Omar ancora ricorda le parole di suo padre, che non temeva la morte, bensì diceva: «Sono finalmente felice perché sono sicuro di andare da tua madre».
Nel frattempo, Omar conosce Elena e si innamorano. Gli capita in un’occasione di essere in macchina insieme alla madre della giovane, una donna attiva in ambito parrocchiale da oltre 50 anni «e che ha potuto ascoltare dal vivo la testimonianza di Chiara Lubich!», racconta Omar. E tra scherzi e battute iniziano a pregare insieme, una cosa che il musicista non era solito fare. Da quel momento, ogni giorno allo stesso orario gli tornava soave e spontanea, come un vincolo, la preghiera dell’Ave Maria.
Sei mesi dopo, Omar riceve l’invito di alcuni suoi amici per andare con loro a Medjugorje. Poiché lì avrebbe potuto suonare, dice di sì. Un nuovo segno, indecifrabile per lui all’epoca, accade in terra di Maria. Col violoncello in mano, preparato per animare la Messa, vede avvicinarsi a lui un anziano frate francescano che lo guarda ed esclama: «Ma guarda qui, un futuro terziario francescano!». Difficile per lui prenderlo sul serio, lo guarda con dolcezza e continua ad ascoltarlo: «Tu non solo sarai pienamente cristiano, ma diventerai un terziario francescano. La fede in te sarà piena e vigorosa». A quel punto, Omar non riesce più a trattenersi e scoppia a ridere, ma il frate gli annuncia: «Entro tre giorni verrai a confessarti proprio da me». Detto fatto. Tre giorni dopo sente fortissima dentro di sé la necessità di una confessione. Tra tutti i preti che amministravano il sacramento, si ritrova davanti proprio quel frate francescano. Cosa avviene in quell’incontro che avrà una durata di due ore e mezza? Omar lo racconta in questo modo: «Dopo una profonda meditazione, lui mi assolve dai peccati e mi dice: “Stai attento, soffia su di te lo Spirito Santo”. In quel momento sento dentro di me qualcosa di fortissimo, una forza dolce che nasce improvvisamente da quel soffio, generando nel mio cuore un tumulto incredibile, e contemporaneamente molta pace».
Tornato a Bolzano, Omar viene spesso chiamato a suonare al Duomo insieme ad Elena. Sono passati ormai 8 anni e la predizione dell’anziano frate si è avverata: è diventato francescano secolare insieme a sua moglie. Siamo in piena pandemia e lui sta per entrare nella cattedrale col suo strumento musicale, quando un signore lo tira per la giacca, obbligandolo a fermarsi. Si gira e rimane incantato da uno sguardo profondo, due occhi di un azzurro splendido lo fissano, e si sente dire con delicatezza: «Fermati un attimo, per favore, adesso è il momento di cambiare le cose». Questo sconosciuto gli fa notare che due persone senzatetto giacciono per terra. Il musicista, conoscendo il direttore della Caritas, propone di chiamarlo per informarlo e prende il cellulare, ma il signore gli blocca la mano e va oltre: «No, aspetta. Ora: fai tu qualcosa».
La città era avvolta nel silenzio, e Omar era intimorito dall’autorità che emanavano le parole di quell’uomo. Dopo aver portato loro del pane, è nato un incontro pieno di gioia e gratitudine, ma la frase «fai tu qualcosa» e quei due occhi azzurri sono rimasti inchiodati nella sua mente. Un giorno gli capita tra le mani un piccolo libretto su santa Chiara, lo apre e, come se non si trattasse di una mera casualità, trova scritte tra le sue pagine quelle parole che lo seguivano ormai da mesi.
Così ha affinato l’intuito e, mettendo insieme passione, talenti e vocazione, si decide ad agire. Attraverso un articolo del giornale locale lancia un appello per radunare delle persone impegnate nel campo della solidarietà che desiderino partecipare a un nuovo coro pensato per raccogliere dei fondi da destinare ai poveri. Rispondono in 30 e il coro prende vita. Il nome Santa Chiara è stato scelto praticamente all’unisono e così pure i valori fondanti: l’umiltà dell’agire, la volontà di impegno sociale e una continua fede in Dio.
Il coro Santa Chiara ha recentemente svolto un concerto di beneficenza a Bolzano, ha suonato presso la chiesa di San Francesco della Vigna a Venezia, e a breve si esibirà in un concerto dedicato alla Siria presso la chiesa Tre Santi, dove il coro è nato grazie all’adesione del suo parroco don Jimmy.
Il direttore riassume così l’essenza del coro: «Possiamo semplicemente dire che il coro Santa Chiara è formato da persone che con gioia amano Dio riconoscendolo in ogni prossimo».