Un concentrato di Ungheria
Poco lontano da Budapest, un'area in cui sono stati realizzate parti di villaggi con esemplari di antiche costruzioni.
Szentendre, a mezz’ora di auto da Budapest, è una ariosa cittadina ricca di storia e di arte, situata sull’ansa del Danubio ai piedi dei monti di Visegràd, una posizione invidiabile. Ma non è tanto questa la meta principale della nostra torsione. L’Ungheria pullula di cittadine altrettanto incantevoli.
Da Szentendre puntiamo verso un altro sito vicino, questo sì un po’ speciale: si tratta di un’area sulla quale sono state realizzate parti di villaggi con esemplari di antiche costruzioni provenienti da varie località e qui ricomposti. Iniziato nel 1974 e in continuo sviluppo, questo museo etnografico all’aperto – il più importante del genere in Ungheria sorto sulla scia di quello svedese di Skenzen – comprenderà, una volta ultimato, dieci "ambientazioni” di diverse regioni, che offriranno un concentrato della vita rurale e della cultura popolare ungheresi dal XVII al XIX secolo –. Ma già quello che è stato fatto, relativo alle culture dell’Alto Tìbisco e della Piccola Pianura Ungherese, basta ed avanza per interessare e colpire la fantasia.
Quello che arriviamo a conoscere solo da antichi dipinti o da ricostruzioni cinematografiche è qui, sotto i nostri occhi: case modeste o più agiate, in legno, argilla, mattoni o pietra; stalle, mulini, officine di fabbri; e perfino chiesette con tanto di icone e di campanili appuntiti… il tutto curato con amore, completo di arredi, di suppellettili, di attrezzi agricoli d’epoca.
Non manca neppure, in un boschetto, un suggestivo piccolo cimitero. I cippi sono in legno annerito dal tempo, ma non al punto da non lasciar scorgere le iscrizioni incise o dipinte. Veniamo a sapere in proposito una usanza singolare: tali cippi, alti quanto un uomo e collocati sul sepolcro verso la testa, dopo anni ed anni venivano infissi sempre più giù man mano che marciva la parte interrata, finché sparivano completamente. Era il simbolo del ricordo dei defunti, che col tempo scompare. Eppure l’ambientazione di questi cimiteri in mezzo alla natura, più che tristezza, separazione, ispira riconciliazione con la morte.
Torniamo a curiosare fra stradine, casette, aie, custodite da gentili signore in pensione. Fa bene soffermarsi in questi ambienti dalla rustica bellezza, pervasi da una commovente intimità; immaginare la vita operosa che lì un tempo si svolgeva, con ritmi certamente meno convulsi di quelli cui siamo abituati; ammirare la grazia unita alla praticità di certi umili oggetti d’uso comune, altrettanti pezzi unici perché l’artigiano che li costruì non conosceva la lavorazione in serie.
Qui, dove ogni cosa è in ordine e sembra aspettare solo l’arrivo degli antichi abitanti, aleggia una dimensione più umana della vita, che nella nostra civiltà rischia di smarrirsi. Grazie perciò a questo originale museo che ce la custodisce.