Un cinema sempre più largo
Inutile far finta che non esista. Il dolore regna sull’umanità. Ne sa qualcosa l’ultimo film di Luc Besson Dogman (L’uomo dei cani), storia di un bambino costretto dal padre violento a crescere tra i cani, che diventano gli unici e veri amici. Il ragazzino si fa uomo, è solo, ha talento, è apprezzato solo da persone come lui emarginate che comprendono il dolore di questo “mostro” su una sedia a rotelle, uno Joker dal cuore tenero. Se uccide qualcuno, non lo fa apposta. La psichiatra che lo interroga lo comprende e lui si lascia andare alle confidenza perché lei conosce la tristezza e la solitudine.
Fino a quando quest’uomo complesso, bisognoso di amore, malato, incontra la morte e forse in essa anche Dio. Certo, solo un grande attore come Caleb Landry Jones è stato capace di rendere questo personaggio angosciato e dolce al quale Dio – per citare il poeta Lamartine –“ ha inviato un cane per consolare la sua infelicità” (frase terribilmente attuale). Dolente e fascinoso, il racconto gravido di domande è una attesa spasmodica di amore e di felicità.
Capita lo stesso ad un altro lavoro, ossia La Bete del francese Bertrand Bonello. Una storia d’amore lungo il tempo, dall’Ottocento ad oggi, in cui un donna bellissima e triste, che ha paura di amare (la grande attrice Léa Seydoux) si trova oggi in una epoca dominata dalla intelligenza artificiale in cui le emozioni umane e i sentimenti sono sentiti come una minaccia. La giovane donna tenta di liberarsene purificando il suo DNA e immergendosi in vite precedenti dove ritrova Louis il suo amore mai del tutto vissuto. L’Intelligenza artificiale distruggerà la vera umanità? Sarebbe un dolore insopportabile, e forse il film è il presagio che la fine di tutto è vicina. Della serie come è difficile essere liberi di amare in una società che vuole il controllo totale sull’uomo, di fatto uccidendolo.
In verità siamo tutti fragili, anzi fragilissimi. Sofia Coppola indaga in Priscilla l’altra faccia di Elvis Prisley in una difficile storia d’amore tra la ragazzina innamorata e l’idolo delle folle. Storia minimalista, come è nello stile della regista che fa scoprire le debolezze della star e della giovane donna fin troppo remissiva che poi lo ha lasciato.
Ma l’indagine biografica non finisce qui, perché anche il film di Michael Mann su Enzo Ferrari (affidato ad un grande attore come Adam Driver, cosa che è stata contestata dal nostro Favino in nome della italianità) non fa sconti sul personaggio come non ne fa Maestro, biografia di Bradley Cooper sul direttore Bernstein, di cui rivela la vita intima di un uomo geniale e contraddittorio, alla ricerca della felicità.
Questo affanno percorre pure un thriller denso, spietato, incisivo come The Killer di David Fincher. Michael Fassbender è l’assassino freddo che sbaglia per la prima volta un colpo, per cui deve pagare la vendetta del committente su di lui e la donna che ama. Le sue sicurezze si vanno infrangendo, forse sta perdendo la lucidità mentale. Tutto il film è un inseguimento per evitare la morte, fino ad una possibile breve felicità. Ma quanto potrà durare?
È quanto si chiede i l giovane scienziato in un convegno di fisici in un hotel svizzero nel lungo e straniante film Die Theorie von Allen del tedesco Timm Kroger: misteriose sparizioni, una donna amata che muore e risorge, nevi e aurore boreali, il nazismo che riaffiora, siamo dentro e fuori del tempo. Un lavoro quasi allucinato, surreale e onirico sull’ansia di un futuro misterioso in qualche modo già presente e dove l’amore è un fantasma che non si coglie mai del tutto.
Quale allora è la possibile soluzione. Nell’amarezza di un matrimonio fallito ma con sorpresa in Coup de chance di Woody Allen, girato tutto in francese, oppure è meglio rifugiarsi nella natura come dice il giapponese Ryusuke Hamaguchi in Il male non esiste: la natura fresca e bella anche se minacciata?.
Le domande rimangono, le risposte si attendono.