Un “cattivo” dall’animo gentile
Altro che un cattivo. Remo Girone, 58 anni portati con signorilità, è persona affabile, colta, disponibile all’ascolto e al racconto. Un gentiluomo, con un senso dell’umorismo che punteggia il nostro incontro. Sta per girare il nuovo film di Ficarra e Picone in un ruolo ancora top secret. Perciò parliamo dell’ultimo lavoro, Il sole nero di Zanussi, che forse andrà a Berlino. In questo film, una grossa parte ce l’ha mia moglie (l’attrice argentina Victoria Zinny, ndr). Interpreta una madre che ha delle premonizioni, ma non può far nulla per impedire quello che succederà. Il sole nero è il sole di Satana, perché questo è un film sulla lotta tra il bene e il male. C’è una coppia di giovani sposi (Valeria Golino e Lorenzo Balducci, ndr). Nel palazzo di fronte un uomo odia la loro felicità ed uccide il giovane: inizia così un dramma, in cui io sono un anatomopatologo che esamina il cadavere. È la mia seconda volta con Zanussi, dopo Persona non grata: lui è un uomo pieno d’ironia, con una moglie pittrice. Una persona da frequentare anche fuori del lavoro. A me piace ritrovarmi ogni tanto con gli addetti ai lavori. Ogni mercoledì, infatti, per una specie di tacito accordo, ci si ritrova in diversi al ristorante Otello a Roma, un luogo storico del nostro cinema. Grandi tavolate, ci andiamo volentieri con mia moglie. A proposito, lei è sposato dal 1982. Un record nel mondo dello spettacolo… Mah, non solo…(sorride, ndr). Si possono dire trent’anni di felicità. Stiamo bene insieme, facciamo lo stesso lavoro, amiamo le medesime cose. Ci vogliamo bene da tanti anni. Penso che continueremo per sempre. C’è un personaggio, Tano Cariddi nella Piovra, che l’ha resa popolare, ottenendo pure il premio Telegatto nel 1988. Come è riuscito, lei così gentile, a calarsi in un ruolo tanto perfido? Avevo recitato in teatro ne Delitto e Castigo il ruolo di Raskolnikov, un personaggio il cui modello è Napoleone, uno che si crede al di sopra della morale comune, anche se poi crolla: ma il regista, un russo, aveva tagliato questa parte. Un testo nobile, dunque, che ha potuto essere una fonte di ispirazione, perché Cariddi è uno che si sente in questo modo, pur avendo talora dei cedimenti. Certo, dopo la terza serie, gli sceneggiatori hanno scritto le altre sette basandosi sulla mia interpretazione. Non la infastidiva il fatto che la gente la riconoscesse più per questo ruolo che per altre sue interpretazioni? Onestamente, no. Quando una serie ha successo, si viene invitati a qualche trasmissione. Così si può mostrare come si è veramente, far vedere che il personaggio interpretato è soltanto un ruolo da attore. Tant’è vero che qualcuno l’ha definita l’attore buono che fa le parti del cattivo. È ciò per cui mi hanno identificato, più che col cattivo vero e proprio (ride, ndr). Però, è bello!. Un po’ di storia. Nato ad Asmara, in Eritrea, dove rimane fino a 23 anni e poi a Roma… Alla partenza per l’Italia, mi mancava un esame e la tesi per la laurea in Economia e commercio. Ma già recitavo fin da piccolo, prendevo premi in recitazione e canto, poi con la filodrammatica universitaria. Mi sono iscritto alla Silvio D’Amico. Otto ore di studio al giorno. Mia madre però sospirava per quel famoso pezzo di carta… L’ho accontentata due o tre anni fa: all’università Giampaolo Cresci per tutte le età mi hanno dato la laurea honoris causa. L’ho inviata alla mamma, che l’ha incorniciata!. Un buon debutto il suo al cinema con Miklòs Jancsò in Roma rivuole Cesare e poi con Bellocchio ne Il gabbiano che è andato a Cannes. Erano le mie prime esperienze di cinema. Certo i due mezzi, cinema e teatro, sono diversi. La nostra tradizione teatrale, anche se cambiata ultimamente, viene dal melodramma, mentre la recitazione cinematografica è diversa, realistica. Perciò avere la possibilità di fare entrambe le esperienze – la televisione è una via di mezzo fra le due – è molto arricchente. La differenza maggiore consiste nel fatto che in teatro si fa tutto di seguito, un esercizio mnemonico che si ripete ogni sera, al cinema si studia il copione, ma, girata la scena, lo si cancella dalla memoria. Il teatro, comunque, specie con i grandi registi, arricchisce l’attore che, quando passa al cinema, può ripescarvi suggerimenti per dare al personaggio sfumature che a volte nella scrittura non ci sono. Ma non le piacerebbe interpretare anche un ruolo comico? Beh, a teatro ho fatto pure il diavolo, in una commedia in versi, divertente. Certo, mi piacerebbe una parte comica in televisione, ma ancora non è arrivata!. Lei non è solo un ottimo attore, ma una persona attenta ai problemi sociali. Del resto, è nato in Eritrea…. Vi sono tornato fino al ’75, poi, con la rivoluzione, mai, anche se ho dei parenti. Ma prima o poi ci tornerò, bisogna che torni. L’anno scorso sono stato in Congo a Kinshasa, per un viaggio collegato alla trasmissione Amore di Raffaella Carrà. Un’esperienza forte, pesante. L’ho descritta in un diario per Famiglia cristiana. Un momento particolarmente bello è stato quando abbiamo incontrato delle focolarine, donne straordinarie che si occupano di bambini abbandonati: una cosa preziosa. Ne abbiamo conosciuto una, tedesca, che era stata per vent’anni in Sudafrica ed ora abita, chissà da quanto, in Congo. Persone uniche. Si può immaginare che conduca una vita piuttosto difficile. Era una persona piena di una gioia interiore che veramente apre il cuore, dà molta speranza Lei ne può parlare, perché sa cos’è la sofferenza… Tredici anni fa ho avuto un tumore. Ne sono uscito grazie a medici straordinari – il professor Pagano a Padova – che mi hanno salvato. Io, che pur di educazione cattolica ho sempre molti dubbi, da quel momento ho ricominciato ogni tanto a dire qualche preghiera. Alla fine, quando si cerca un poco di consolazione, è inevitabile che io dica una preghiera. Ma l’esperienza del dolore è stata un momento duro. Adesso, grazie a Dio, sto bene. C’è qualcosa che desidera per il suo futuro? Non ci penso molto (si schiarisce la voce, ndr)..Mah, che le persone care siano felici e che io trovi occasioni di lavoro che diano soddisfazioni a me e a mia moglie… Sì, desidero la felicità, per i figli, i nipoti. Ne ho ben cinque! Certo, non credo di essere molto bravo come nonno. Però noi abbiamo il vantaggio, rispetto ai figli, che possiamo viziare, coccolare, divertirci un poco coi nipoti. Tanto non abbiamo responsabilità (ride, ndr)!.