Un castello nel cuore
Nell’anno dedicato a Teresa d’Avila non poteva mancare una pièce teatrale che riflettesse sulla grande mistica carmelitana. E Pamela Villoresi, diretta da Maurizio Panici sul testo scritto da Michele Di Martino, dà corpo e anima al personaggio nelle recite al romano Palazzo della Cancelleria.
Nell’essenzialità scura della sala vasta, il palco spoglio fa risaltare la storia della donna, il suo travaglio interiore, la nuova “chiamata”, l’ardore appassionato e soprattutto il cuore della sua anima: l’innamoramento esclusivo per Cristo. Solo un innamorato può capire un innamorato? Sembra, osservando il piccolo Giovanni della Croce cui lei confida i suoi smarrimenti, la sua “notte” e poi la sua “unione” col Cristo.
E qui la Villoresi, vestita di un amplissimo “sudario” candido appare nella posa identica alla celebre scultura del Bernini nella romana chiesa di Santa Maria della Vittoria. Un’opera così poco compresa nonostante i molti studi, perché il fuoco dell’amore che la brucia non è fiamma dei sensi fisici, ma dei “sensi spirituali” ed occorre dire che Pamela riesce nel suo corpo abbandonato e nelle scarne parole a coglierne e a trasmetterne il sentimento profondo.
Se la rappresentazione non conosce momenti di pausa, ma lievita come un racconto vivo- anche grazie alla “recitazione cantata” di Fabrizio Checcacci, Alessia Spinelli e Maurizio Panici e alla musica “sublimata” di Luciano Vavolo -, è nel finale, nel racconto di lei spossata nel suo “nada” che ora palpita per ricevere il Cristo, che la rappresentazione tocca il suo vertice espressivo.
Tutta l’opera infatti è un lievissimo “crescendo” verso la conclusione che è quella di una morte d’amore. Il “castello interiore” di Teresa è il suo Amato e in esso non può che immergersi con una passione trasfigurata.
La Villoresi sembra un’altra persona sul palco, anche lei in qualche misura “trasumanata” nel rendere visivamente la storia di questa donna incandescente. Da non perdere. Fino al 12/4.