Un canto di pace per la Siria

Nella chiesa di Santa Maria dell’Orto, una veglia di preghiera presieduta da mons. Zuppi. ha ricordato il popolo siriano e la drammatica situazione in cui vive il Paese. Presenti alcuni rappresentati della Chiesa siro-antiochena e i familiari di don Paolo dall’Oglio, il gesuita romano rapito lo scorso luglio a Raqqa.
Un momento della veglia di preghiera per la pace in Siria a Santa Maria dell'Orto

Ho lo sguardo rivolto all’insù, affascinato dallo scintillio emanato dall’abside di Santa Maria dell’Orto, a Trastevere. Nonostante lo sfarzo, l’ambiente è piccolo, evoca familiarità, ti invita alla meditazione. Sono queste mura ad accogliere insieme la speranza della pace e gli orrori della guerra.

Si prega per la Siria, in questa fredda sera di mercoledì 27 novembre. La veglia promette la modestia e insieme la forza degli appuntamenti solenni. Pochi però i partecipanti, segno che questa guerra continua ad essere troppo distante dalla nostra quotidianità e che i siriani possono continuare un altro inverno rigido nelle case insicure delle loro città o sotto le tende allestite dai paesi vicini dove hanno trovato scampo dalla morte.

Un turbinio di preghiere e canti per la pace riempiono il piccolo ambiente del santuario mariano. Presiede con voce mite e ferma monsignor Zuppi, il vescovo incaricato del Centro diocesano per la cooperazione missionaria tra le Chiese.

Si prega per tutti i siriani afflitti dalla guerra; per i milioni di rifugiati in Libano, Giordania e Turchia; per i bambini, vittime sempre più numerose del conflitto e per la liberazione di tutti i rapiti. Fra questi don Paolo dall’Oglio, il gesuita romano catturato lo scorso luglio a Raqqa. C’è la speranza che sia vivo. I suoi familiari, presenti alla cerimonia, sono custoditi dall’abbraccio dell’intera comunità.

«Accogliamo il grido che giunge dalla Siria», implora monsignor Zuppi dal pulpito, ricordando senza mezze misure le responsabilità di chi imbraccia le armi e continua ad usarle contro l'uomo. «Preghiamo con insistenza: la preghiera disarma l’ignoranza e genera dialogo laddove il conflitto è aperto. Se sincero e perseverante renderà la nostra voce dolce, forte, capace di farsi ascoltare anche dai responsabili delle nazioni». L’augurio è che «la comunità internazione, senza ulteriori ritardi e complicità, faccia ogni sforzo per promuovere iniziative chiare per la pace».

Si leva il canto in aramaico, l’assemblea è rapita. La voce viene da lontano, è il lamento sacro di un intero popolo che chiede aiuto, che prova a squarciare l'indifferenza.

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