Un campione a scuola

Il percorso sportivo didattico promosso dalla Provincia di Rovigo ha inaugurato la sua ottava edizione. Gli studenti delle scuole medie incontrano i loro beniamini per capire come diventare campioni nello sport, ma non solo
Il ciclista Marcello Pavarin

Una squadra di rugby, diciotto atleti per altrettante discipline sportive e poi i professori, gli alunni e gli insegnanti di educazione fisica. Basta “shakerare” il tutto per ottenere un cocktail originale chiamato “Un campione a scuola”, progetto sportivo didattico promosso dall’assessorato allo sport della Provincia di Rovigo in collaborazione con diciotto scuole medie e il Panathlon Club di Rovigo e Adria.

Una preziosa occasione di dialogo fra generazioni tra chi magari ha già conosciuto il successo e chi invece studia per diventare il campione del domani. «L’iniziativa mira a far conoscere i campioni dello sport polesano – ha precisato l'assessore provinciale Leonardo Raito –, magari sono campioni di quegli sport considerati minori, ma solo perché hanno meno visibilità sui grandi canali della comunicazione. Cerchiamo inoltre di far conoscere ai ragazzi le varie discipline sportive raccogliendo la testimonianza di chi è riuscito a conciliare lo sport con l’attività di studio o di lavoro».

E così via con i ragazzi del Rugby Rovigo Delta-Vea Femi CZ, formazione al primo posto in campionato, l’ex azzurro della palla ovale Andrea Scanavacca, Alberto Guerrini, nuotatore estremo che ha conquistato le traversate di diversi stretti e il giro del Delta del Po e poi ancora Andrea Maida, campione italiano di motociclismo speedway, l’ex lanciatore del baseball Lucio Taschin e il ciclista Marcello Pavarin che si è ritrovato con la sua bicicletta a presiedere la cattedra nella sua vecchia scuola giovedì 5 dicembre. «È un’esperienza che avevo già vissuto lo scorso anno – ha raccontato Pavarin, 27 anni, per tre stagioni ciclista professionista su strada e ora nel mountain bike con il team RCP Lee Cougan –, tornare dopo diversi anni fra i banchi dove si è cresciuti per insegnare sport fa decisamente un certo effetto anche perché i tempi sono cambiati. Oggi i ragazzi guardano i calciatori, ma fanno fatica a praticare uno sport perché magari hanno altre distrazioni, come videogiochi per esempio. Allora far loro scoprire che andare a fare un giro in bicicletta o una corsa per respirare un po’ d’aria è qualcosa che va oltre l’attività fisica».

«Come ti alleni?», «Quante ore passi in bicicletta?», «Come fanno i ciclisti a fare la pipì quando corrono?», sono state solo alcune delle curiose domande rivolte a Marcello dai ragazzi delle classi terze della scuola media di Ceregnano. «In queste occasioni non solo si cerca di far scoprire lo sport condividendo le proprie esperienze – precisa Pavarin, laureando in Scienze motorie all’università di Ferrara – ma si riceve anche qualcosa dai ragazzi. Per esempio quando hanno saputo che ero un ciclista mi hanno subito collegato al doping, che certo esiste e non si può negare nel mondo delle due ruote così come in altri sport. Da qui però è partito un dialogo sincero dove ho cercato di spiegare gli effetti collaterali di certe sostanze, come ogni ciclista viene controllato e monitorato, ma quello che mi sono sentito di dire loro è che il doping è un imbroglio e gli imbroglioni si trovano nello sport, ma anche nella vita. Ecco fare sport serve anche a questo». Succede così quando il campione arriva, o torna, a scuola.

 

Foto di Marcello Pavarin

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