Un cambio di paradigma

Le attese di tre generazioni...

I giovani non sono una cartuccia da sparare per riempire 5 minuti di talk show nei salotti televisivi: non sono uno slogan. Le nuove generazioni vogliono concretezza da parte della classe politica e il Recovery Fund è l’occasione di dimostrarla. “Nuova generazione europea”, è questo il nome che – non a caso – la Commissione europea ha voluto dare al Fondo.

Servono politiche concrete, che aiutino l’inserimento dei giovani nel mercato del lavoro. La pandemia ha accentuato la precarietà e la mancanza di diritti che contraddistinguono le nuove generazioni. «A un mio amico non hanno rinnovato il contratto per via del Covid». Lo sentiamo tutti i giorni.

Politiche come “Quota 100” sono state uno specchietto per le allodole: il fatto che più persone vadano in pensione non vuol dire che si liberano posti di lavoro, ma che le pensioni anticipate sono sulle spalle di chi comincia a lavorare. Serve un cambio di paradigma. E questa è l’occasione.

Il Piano nazionale di ripresa e resilienza, il programma d’investimento del Recovery Plan, stanzia ancora pochi fondi sulle politiche per i giovani, ma le idee sono valide. Il testo fa eco alla legge di bilancio che prevede la decontribuzione totale per le nuove assunzioni a tempo indeterminato di giovani under36 nel biennio 2021-2022.

Ma il passaggio del testo sulla life-long learning, la formazione continua, risulta più innovativo degli altri, in quanto è l’unica soluzione al continuo aggiornamento professionale che impone la digitalizzazione e uno strumento par favorire la mobilità del lavoro tra imprese e settori produttivi. La formazione continua non deve però essere sostitutiva a un insegnamento professionalizzante di qualità e disponibile su tutto il territorio nazionale.

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