Un cambio di prospettiva
Una vostra valutazione sul Sinodo appena concluso? Un bilancio?
«E’ stato un grande evento di chiesa, ma anche di cultura. L’attenzione dei media, anche se a volte rimpicciolita su un particolare più che sull’insieme, ha aperto ad una riflessione sui valori di fondo del tema famiglia. Apparentemente non ci sono stati risultati eclatanti. Ma c’è stata una presa di coscienza forte sulla necessità di operare un cambio di prospettiva nell’azione spirituale e pastorale della chiesa. Questo nuovo impegno si può riassumere plasticamente nella metafora di Francesco: una Chiesa “ospedale da campo dove si curano innanzitutto le ferite e dopo, forse, si misurerà il colesterolo”».
Quali passi avanti sono stati fatti con il Sinodo della famiglia nella “premura” per la sofferenza?
«E’ noto che le risoluzioni sono attese solo dopo il Sinodo 2015, ma anche se non ancora codificati, ci sono stati dei passi che saranno sicura conseguenza dei lavori sinodali. Già fin d’ora ogni singolo Vescovo potrà rivedere a fondo la pastorale della famiglia della sua diocesi ed operare alcuni importanti interventi a sostegno e in accompagnamento delle famiglie. In primo luogo si dovranno porre nuove basi alla pastorale “preventiva”, e cioè una più accurata e sistematica preparazione dei giovani al matrimonio. Fin dall’adolescenza si dovrà parlare del matrimonio come risposta alla specifica vocazione di formare una famiglia, aiutando i giovani a riscoprire il valore del ‘per sempre’ e a rafforzare in loro la capacità di scelte definitive.
Un altro cambio sarà nel pensare un serio accompagnamento delle giovani famiglie, mettendole in rete fra loro, affinché nella reciproca comunione, possano superare le inevitabili difficoltà del loro nuovo stato di vita.
Terza novità sarà accogliere le persone ferite sostenendole nella loro sofferenza. Fare in modo che la chiesa non appaia un tribunale cui rendere conto del proprio fallimento, ma un cuore di madre capace di farsi vicino attraverso l’amore di fedeli pronti a farsi carico “insieme” dei traumi della famiglia. Quando è il caso, snellire le pratiche per la dichiarazione di nullità.
Altro importante passo riguarderà una nuova visione delle tante famiglie in cammino, che con fatica ma con tenacia, costruiscono giorno dopo giorno il loro vissuto improntato al vangelo. Il sinodo ha messo in luce come queste famiglie – che dobbiamo vedere quali ‘risorse’ per la società – abbiano un ruolo fondamentale nella vita anche della chiesa, una chiesa che vuole crescere, camminare pur in mezzo alle difficoltà della secolarizzazione, della diminuita sensibilità etica, dei problemi economici e dell’isolamento».
Il Papa ha parlato di un’esperienza autentica di sinodalità e il cardinal Tagle ha evocato lo spirito del Concilio Vaticano II. Ha trovato apertura a delle possibili novità pastorali per rispondere alle sfide di oggi della famiglia?
«Il dialogo aperto che ha contrassegnato i lavori del Sinodo è stato certamente espressione dello spirito che ha iniziato ad aleggiare col Vaticano II. La comunione che papa, vescovi e famiglie hanno vissuto insieme è il nuovo paradigma della comunità cristiana. Più che agli allarmismi di certi media sulle due ‘anime’ del sinodo o sulle sue due ‘cordate’, c’è da gioire per la libertà e l’onestà intellettuale con cui i Padri si sono espressi, elementi questi che hanno portato ad un documento finale frutto della reciprocità e non di dipendenze o subordinazioni di soggetti».
Cosa pensate dell’assoluzione e l’accesso all’Eucaristia, dopo un cammino penitenziale, per i divorziati risposati? O ci sono altre alternative?
«E’ una delle proposte emerse da più parti, qualcuna più dettagliata, altre più prudenti. In linea di massima condividiamo lo sforzo di trovare una soluzione soprattutto per quelle persone/coppie che sono inserite in un sincero percorso di fede. Certamente occorrerà che siano rimessi a fuoco alcuni punti della teologia sul matrimonio e della spiritualità coniugale, senza però escludere a priori soluzioni innovative e di apertura. A nostro avviso si dovrebbero comunque mettere più in risalto le tante altre ‘fonti’ di Dio che sono alla potata di ogni cristiano, al di là della stessa Eucaristia. Sappiamo che Gesù è presente nella sua Parola, così pure in ogni fratello che incontriamo. Approfittare dunque di più di queste presenze del divino che si allargano anche alla comunità cristiana, unita nel nome di Gesù. Per non parlare di quella straordinaria ‘fonte’ di Dio che è il dolore accolto per amore. La sofferenza di non poter accostarsi all’Eucaristia può essere materia prima proprio per sperimentare la vicinanza con Dio.
Tuttavia ci auguriamo che si trovino anche altre soluzioni, per così dire istituzionali. L’importante sarà spiegarle dovutamente, per non deludere chi in forza del vangelo ha scelto e continuerà a scegliere la fedeltà al sacramento ricevuto e ritenuto valido. Va ricordato anche che la visione della chiesa cattolica sulla famiglia, gode la stima di altre confessioni cristiane e religioni non cristiane. Le soluzioni dunque dovranno essere ricercate nella luce della dottrina evangelica, con il ‘di più’ dell’esperienza ecclesiale, che per sua natura non può e non deve escludere chi in buona fede chiede di essere aiutato a crescere nella fede e nella vicinanza con Dio».
Quali sono i veri nodi cruciali della famiglia oggi?
«Il poco tempo per il dialogo di coppia a causa del lavoro esterno di entrambi i coniugi; il veder crescere i figli in un ambiente condizionato dai social media; la nuova posizione della donna di fronte ad un rapporto uomo-donna non basato sull’autenticità; l’incapacità dell’uomo a recepire questa mutata sensibilità nella donna; ecc. Ma nodi cruciali sono anche esterni alla famiglia: una cultura dove l’individualismo ispira leggi e organizzazioni sociali; la precarietà nel lavoro; rapidità dei cambiamenti nei costumi e stili di vita che non lasciano spazio ai valori.
In questo contesto la famiglia in tutti i suoi componenti, deve acquistare consapevolezza delle difficoltà e, incominciando dal suo interno, fare scelte nuove di dialogo, di sobrietà, di gesti condivisi e sostenuti insieme».
In che senso il Sinodo è stata un’occasione per riscoprire la bellezza della famiglia?
«Già l’aver messo a tema del Sinodo la famiglia ne è stata la prima chance. Poi la determinazione del papa a voler conoscere cosa pensa la gente della famiglia. Il parlare a cuore aperto da parte dei media anche delle sue ferite: a volte è proprio attraverso le ombre che risaltano le luci: non dimentichiamo che l’obiettivo di una famiglia felice è in cima a tutti i sondaggi anche su giovani e ragazzi. Le esperienze portate al sinodo dalle coppie “uditrici” e il rispetto e l’amore con cui i Padri si sono espressi parlando dei diversi contesti famigliari. Tutto questo ben motiva le parole di Francesco: “Non lasciare che ci rubino l’ideale del matrimonio” e fa vedere che la famiglia, se vissuta nel suo disegno, è luogo di bellezza e fonte di felicità».
Che modalità di pastorale, di accoglienza ci vorrebbe per le ferite della famiglia di oggi?
«Quella che ci ha insegnato Gesù: dare accoglienza incondizionata e offrire una testimonianza di vita autenticamente cristiana. Credere noi stessi di più alle promesse evangeliche e contare di più sull’azione della grazia. Essere creativi nelle iniziative, senza escludere o giudicare nessuno».