Un caffè a Lasha

Un cinese e un thailandese, due biciclette e un caffè. In Tibet un’avventura di dialogo.
Kong Oat in un caffè a Lasha

Spinn Cafe, locale il cui nome si ispira al girare della ruota del karma buddista, si trova in uno dei viottoli di Lasha City, quasi irreperibile per chi non lo conosca, ed è oggi un punto di incontro spontaneo della cultura orientale con quella occidentale, oltre che di quelle asiatiche fra di loro.

 

I frequentatori, diversi per nazionalità, singoli o in gruppo, viandanti senza meta, con zaini, arrivano a piedi, in mountain bike, in autostop, sui camion per il trasporto merci, o con qualsiasi altro mezzo. Naturalmente c’è chi arriva grazie al Qinghai-Tibet Express, il treno del cielo che ha il coraggio di spingersi fino a toccare i 5300 metri d’altezza.

 

Percorrendo la salita in ginocchio s’incontrano anche migliaia di pellegrini al Palazzo del Potala, simbolo di questa terra e del buddhismo tibetano. Sono tutti viaggiatori in cerca di avventura e di rapporto con la natura, con la fede; e cercatori dei sogni, in fondo alla ricerca di sé stessi.

 

La storia che racconta Kong nel libro Spinn Cafe in Tibet, selling coffee in Lasha, è una storia non di semplici parole ma di fatti, una vicenda di coraggio e impegno a piccoli passi: una partenza verso l’ignoto accompagnata da inaspettate ma entusiasmanti esperienze di vita, un sogno in parte realizzato e ancora in svolgimento.

 

Il motore di tutto coincide con quelle convinzioni e impulsi, potenzialità e forza che hanno spinto le generazioni cinesi dagli anni Cinquanta in poi a regalare sviluppo e prosperità all’isola di Hong Kong, allora colonia britannica, tornata a far parte della Cina nel 1997. Peccato che in questi ultimi due decenni, la ricchezza economica e la vita comoda abbiano fatto scordare a tanti questi preziosi valori.

Kong, classe 1977, è nato e si è laureato in biologia a Hong Kong; incontra Oat, coetaneo thailandese, soccorritore del Vajira Bangkok Hospital, volontario della polizia civile in bicicletta, mezzo di cui è appassionato utilizzatore. Oat ha vissuto per due periodi da monaco, obbligo che tutti i maschi thailandesi sono tenuti a compiere prima dei vent’anni. Il secondo periodo in monastero è stato però “riscattato” dalla madre per amore della nonna gravemente ammalata. Vivendo la vita ascetica, Oat avrebbe ottenuto le grazie per i suoi cari.

 

Caratteri opposti ma complementari, stringono una forte amicizia accresciuta da una stima reciproca. Kong propone all’amico un viaggio da Bangkok a Lasha in bici. Con un sogno aggiunto: aprire un locale di caffè proprio lì. Tre mesi sui pedali. Non mancano gli ostacoli ma il viaggio produce in loro coraggio, saggezza ed equilibrio.

 

A Lasha non ci sono agenzie immobiliari. Adocchiato un piccolo locale, Kong e Oat si siedono per giorni sulla gradinata in attesa di incontrare il proprietario, senza sapere neppure chi sia… Finalmente un giorno lo incontrano e lo convincono a concludere il contratto.

 

Ecco le trattative: «Affitto per un anno», pensa il proprietario, mentre Kong insiste per 12 anni; «nessuno fa mai un contratto di colpo per 12 anni, semmai due»; «11 anni e 11 mesi magari»; «non si può! Massimo tre anni»; «va bene 11 anni e 10 mesi?»; «solo quattro anni, non di più …»; «11 anni e 8 mesi?» …e così via; alla fine il buon padrone, esausto: «Basta! 10 anni, ultima parola!».

 

La ristrutturazione comincia Non servono progetti esecutivi, operai e capocantiere non ne tengono conto. Sanno bene come fare. Si arriva all’inaugurazione in meno di due mesi. Un locale semplice e confortevole, dove prevale l’armonia tibetana e ognuno si sente a casa. Oltre al caffè con latte di yak, puoi bere caffè thailandese, vietnamita, tè di rose, limonata e birra. Parecchi visitatori vanno per poter dire semplicemente «ci sono stato!», mentre i frequentatori abituali sono amici che si incontrano per esprimere e scambiarsi idee.

 

Quando ci si separa, ognuno seguirà il proprio cammino, ma spesso rimarrà legato a quella rete di cuori in attesa di un ritorno a Lasha.

Il 14 marzo 2008 scoppiano dei disordine a Lasha, i tibetani sfidano gli han e la Cina invia l’esercito. La città cade nel caos. Kong e Oat sono costretti a rifugiarsi per giorni in albergo con altri turisti. Spinn Cafe, proprietà di un han e di un thai, viene custodito da Zhuoga. Legato al cancello di entrata c’è un kata, sciarpa bianca in segno di saluto, simbolo di buon auspicio. Nessun danno subito!

 

Lo stesso caffè, se lo bevi a casa o a Lasha, ha un sapore diverso. Giustamente dice Chuang Tzu, antico pensatore cinese: «Tu non sei un pesce, come puoi capire la felicità di un pesce?». Eppure una gioia che tutti possono provare è quella di aver custodito ciò che si ritiene giusto custodire, e allo stesso tempo, lasciato ciò che si è dovuto lasciare, con distacco.

 

P.S. Speriamo ora che qualcuno voglia tradurre il libro dal cinese all’inglese!

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