Un brasiliano contro la fame

La crisi economica globale non poteva non avere una ricaduta sulla situazione alimentare, particolarmente nei Paesi già in difficoltà.
José Graziano da Silva

La crisi economica globale non poteva non avere una ricaduta sulla situazione alimentare, particolarmente nei Paesi già in difficoltà. Se da un lato la Fao ha reso pubblico che il numero dei sottonutriti si è ridotto di 98 milioni di persone, il rimanente miliardo rappresenta una cifra ineccepibile. Dall’altra parte la Banca mondiale sostiene, in una sua relazione, che i prezzi degli alimenti stanno raggiungendo livelli pericolosi, minacciando migliaia di poveri e creando tensioni e conflitti di ogni tipo.

 

È in questo scenario che la 37ª Conferenza biennale della Fao, radunata nella sua sede a Roma, elegge il suo nuovo direttore generale, il brasiliano José Graziano da Silva, che succede al senegalese Jacques Diouf, in carica per ben 16 anni. Graziano è stato eletto con i voti dei Paesi latino-americani, africani e di altri Paesi in via di sviluppo. Si presenta forte di una grande popolarità nell’ambiente, motivato dai suoi successi come ministro della sicurezza alimentare e dal progetto “Fame zero”, varato dal governo Lula. Questa sua esperienza è sostenuta da una robusta carriera accademica.

 

Nel suo primo discorso dopo l’elezione ha affermato: «Sono convinto, in base alla mia esperienza in Brasile e in altri Paesi, che sradicare la fame è una meta ragionevole e possibile. Con gli anni ho imparato che è necessario camminare insieme e ottenere il consenso per raggiungere gli obiettivi». José Graziano si trova innanzi a due sfide fondamentali: riformare la Fao accusata, a ragione, di essere diventata un gigante burocratico con un elevato numero di funzionari in eccesso e di sprecare molte risorse; riuscire a mediare fra i Paesi membri riguardo le scelte e gli impegni nel settore alimentare, onde creare una congiuntura più efficace di lotta alla fame e allo spreco alimentare.

 

Fra gli obiettivi del millennio stabiliti dall’Onu alla fine del secolo scorso c’è quello di diminuire del 10 per cento la popolazione dei sottonutriti entro il 2015. Un impegno con cui deve misurarsi il nuovo direttore generale. Per niente facile, anzi difficilissimo, ma l’uomo sembra all’altezza dell’incarico.

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