Un bimbo in arrivo
Dall’inizio di settembre ho avuto l’incarico dal preside della mia scuola di seguire ragazzi del biennio che hanno accumulato lacune in italiano, latino, storia e geografia. Ci ritroviamo per due ore al mattino in un’aula ed è l’insegnante stessa che me ne manda due o tre.
Per il Covid non si possono utilizzare quaderni. Io li accolgo con la mascherina, uso il computer della scuola, e loro arrivano con la mascherina e il proprio tablet. Ogni giorno si alternano ragazzi nuovi con altri che conosco già.
I primi di novembre arriva Maria (nome di fantasia), che sta frequentando da subito questo corso con ottimi risultati. È da sola perché l’altro ragazzo sta svolgendo un compito in classe e i ragazzi di prima sono a un ritiro.
Mi accorgo subito che Maria è irrequieta, svogliata a differenza delle altre volte. Ci mettiamo a tradurre una versione di Seneca anche se la vedo dura… Infatti, fa fatica, non è concentrata, ha la testa altrove. Le dico che così non va, stiamo perdendo tempo…
Le chiedo se ha litigato con qualcuno, se non sta bene e la guardo negli occhi. Mi dice piangendo che aspetta un bambino, che vuole abortire, che i suoi non sanno niente, che vuole scappare… L’abbraccio forte forte… Sono sconvolta anch’io e senza parole.
La convinco a dirlo ai suoi, poi lei mi propone di farlo io, anzi, fa il numero della mamma, che lavora in un centro di accoglienza per donne in difficoltà, mentre suo marito è un chirurgo, e me la passa. Sua mamma, allarmata, mi chiede cos’ha combinato Maria, la rassicuro e le chiedo se possiamo incontrarci a casa mia visto che lavora poco lontano. Intanto, Maria torna in classe.
Sono agitata. Chiedo ad alcune mie amiche di pregare per questo colloquio e per la mia scolara. Penso alla Madonna, al bimbo in arrivo e scende in me la serenità: non sono sola! Arriva Paola, mamma di Maria. È la prima volta che ci vediamo. Mi dice che sua figlia è migliorata in latino grazie al mio aiuto, mi cita una frase di Dante, che proprio quel giorno avevo messo nel mio stato: «Del Paradiso sono rimasti sulla terra le stelle, i fiori e i bambini».
Parto dicendo che c’è un bimbo in arrivo… Mi guarda e scoppia a piangere. Anch’io, pensando al dolore che avrei provato se mia figlia si fosse confidata con un’insegnante e non con me, mi commuovo.
Poi mi dice che è addolorata per il fatto che ha tempo per le donne, per le loro figlie e non ha trovato il tempo per guardare negli occhi SUA figlia! Le dico che non è semplice stare accanto ai figli, accorgersi delle necessità, interpretare i loro silenzi, aprire la porta della loro stanza e interrompere l’ascolto di musica o di telefonate interminabili.
«E se lei non se ne fosse accorta? Se avesse commesso qualche sciocchezza?», mi chiede piangendo? Allora le dico che siamo come vasi comunicanti e che il bene fatto da lei nel Centro, Dio l’ha visto, lo vede e non ha permesso che Maria rimanesse sola con la sua disperazione. Oggi ha fatto in modo che Maria fosse da sola con me e che quindi avessimo la libertà di parlare, di decidere… Dio non si lascia vincere in generosità e arriva nel momento giusto perché ci ama.
«Che fare, prof, con questo bimbo? Come dirlo a mio marito?», mi chiede. Rispondo che la decisione spetta a loro. In Calabria si dice che ogni bambino arriva con il suo panierino, cioè con doni materiali e gioia, innocenza, meraviglia, tenerezza. Mi tiene le mani strette per un po’, non piangiamo più, pensiamo ai futuri genitori così giovani, al loro futuro… Non ci conoscevamo e ci lasciamo quasi sorelle per aver patito e deciso insieme, ora non ci resta che pregare Dio Padre.