Un bene comune
«Sono un’insegnante e conosco tante famiglie. Quando parlo con i genitori, emerge la preoccupazione di assicurare ai figli sicurezza e benessere; poi, nel giro di un trimestre, vengo a sapere che due di queste famiglie sono in crisi, perché i genitori hanno difficoltà a condividere interessi e impegni quotidiani.
«È un paradosso: i singoli membri (anche adulti) si aspettano dalla famiglia il massimo del “guadagno”, ma con il minimo di “spesa”. Sarà mai possibile trovare una sintesi tra l’interesse personale e quello della famiglia nel suo insieme?».
L.G. – Roma
Nei nostri rapporti quotidiani, anche familiari, siamo tutti prigionieri di una logica conflittuale, di calcolo tra rischi e benefici individualistici.
Ad esempio, quando marito e moglie discutono sulle rispettive opportunità professionali, sulle spese personali e comuni o vengono a galla le aspettative affettive di ognuno, si insinua il timore che “con-dividere” le opportunità di scelta porti matematicamente alla sottrazione di parte del proprio tesoretto di libertà personale.
E quando si tratta di investire risorse su un progetto che non gratifica subito e del tutto, tanto le esigenze dei genitori quanto quelle dei figli, cerchiamo prudentemente di uscirne con il minimo di perdita, da recuperare possibilmente alla prossima occasione.
Eppure, considerando che la vecchia logica del do ut des non funziona più tanto bene neanche in economia, mi domando se non sia ora di aprire un nuovo orizzonte, in cui il noi della famiglia sia opportunità di realizzazione per ciascuno. Lo chiamerei il bene della reciprocità, molto di più della pura negoziazione di bisogni e aspettative.
È veramente un bene comune: nessuno può assicurarselo da solo e d’altra parte è vitale per ciascuno; non può esserci se non scambiato tra due o più persone, con esigenze diverse (uomo e donna, bambino e anziano, sano e malato…), ma disponibili ad aggiungere ogni volta un di più a quanto ricevuto, per poterlo ancora offrire e ancora ricevere.
Nella famiglia la reciprocità si vive soprattutto nell’affidamento che ciascuno fa di sé all’altro, ogni giorno e per lunghi giorni: non tanto quindi l’offerta di ciò che si ha e potrebbe irrimediabilmente impoverirsi, quanto di ciò che si è, con tutto il patrimonio di energie e risorse che l’incontro stesso con l’altro fa emergere e mette in moto.
Ogni famiglia è un’esperienza forte e significativa di umanità; come tale può sperimentare che proprio il bene della reciprocità risana le ferite della delusione, dell’incomprensione, talvolta del conflitto, che comunque, poco o tanto, prima o dopo, la fanno soffrire. Lo stile di vita che ne deriva può essere esportato anche tra famiglie e nella società.
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