Se un bambolotto nero è un problema
Un episodio che forse sarebbe passato sotto silenzio o quasi, se non fosse accaduto proprio in giorni in cui quello dell’immigrazione è un tema caldissimo. Domenica 2 dicembre su diversi quotidiani, anche nazionali, sono comparsi titoli varianti al tema “Il Comune di Codroipo bandisce l’uso dei bambolotti dalla pelle scura negli asili nido”, con relativa levata di scudi, pro o contro. Un provvedimento ritenuto da alcuni razzista, da altri inteso a preservare la cultura italiana. Ma che cosa è accaduto realmente?
Nodo del contendere è stato l’adeguamento del regolamento del nido comunale per renderlo coerente con le disposizioni regionali in materia di accreditamento per le strutture dell’infanzia, oggetto dell’ultima seduta del Consiglio. Secondo la modifica proposta, all’articolo 1 del regolamento – «Il nido d’infanzia […] contribuisce ad integrare le differenze ambientali e socio culturali» – sarebbe stata aggiunta la frase «anche assicurando la presenza di materiali ludico didattici che fanno riferimento alle diverse culture» – segnatamente bambole di colore diverso della pelle e strumenti musicali di diverse tradizioni. Un emendamento firmato dai quattro capigruppo della maggioranza di centrodestra, tuttavia, ha depennato questa aggiunta, sostituendolo con un più generico «con lo scopo di favorire in ogni bimbo la possibilità di svilupparsi ed esprimersi liberamente […] supportato da adeguati materiali ludico didattici». Non quindi un espresso divieto ad utilizzare i materiali oggetto della prima modifica; ma comunque un chiaro segnale politico che non incoraggia questo approccio multiculturale, e che nei fatti sortirà verosimilmente lo stesso effetto – ossia che questi giochi non verranno procurati.
Immediata la reazione sia delle opposizioni in Consiglio comunale che del Pd regionale. Il consigliere comunale Gabriele Giavedoni, sottolineando peraltro come tale emendamento metta a rischio l’accreditamento del nido, ha dichiarato al Messaggero Veneto che «la ricchezza della nostra cultura sta proprio nella capacità di includere, di riconoscere l’umanità nel nostro prossimo, e di farlo sentire parte di una comunità. Soprattutto se è un bambino. Per questo, l’amministrazione di Codroipo ha nuovamente dimostrato di essere superata dalla realtà che la circonda. Fallisce nel riconoscere la ricchezza della varietà nella comunità codroipese fatta di tanti volti e storie diverse».
Anche il segretario regionale Pd, Vincenzo Martines, ha affermato che «non si capisce perché con una capriola cultural-sociale la Destra abbia voluto inibire l’uso di giocattoli che rimandino alle altre culture. Il colore della pelle, per i bambini che crescono fin da piccoli in comunità, non è un problema. Condividono la quotidianità con la massima naturalezza indipendentemente da chi hanno di fronte. A meno che qualcuno (un adulto) non glielo faccia notare».
Il sindaco Fabio Marchetti, dal canto suo, ha difeso l’operato della maggioranza affermando che «non è compito di un regolamento disciplinare le differenze culturali perché verremmo meno al rispetto delle diverse culture. Spetta al regolamento invece annullare le differenze sociali. Per non incorrere in discrepanze con il testo regionale abbiamo adottato la stessa formula usata da altri Comuni, come quello di Monfalcone». Al di là delle reazioni politiche, comunque, la reazione c’è stata anche nella società civile, con diverse voci che si sono levate.
Un episodio che, come si diceva, in altri frangenti forse sarebbe stato ridimensionato a semplice mossa poco felice del Consiglio comunale di una cittadina di provincia, se non si inserisse in un quadro più ampio. Già nella poco distante Monfalcone, appunto, poco tempo fa si erano sollevate polemiche rispetto al tetto posto negli asili comunali al numero di figli dei residenti stranieri; provvedimenti simili sono stati presi anche a Trieste; mentre in Veneto il governatore leghista Luca Zaia ha previsto incentivi economici per le scuole che allestiscono il presepe – mossa giudicata da molti inopportuna, in un momento storico in cui si chiedono invece a gran voce finanziamenti per far ripartire il bellunese devastato dal maltempo. Un clima dunque generale, che impone una seria riflessione su quale forma stia prendendo, anche politicamente, un diffuso disagio nella convivenza tra italiani e immigrati.