Un bambino trasparente

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Quante storie accompagnano la vita nelle aule scolastiche! Un mondo parallelo e incantato. Talvolta oscuro, quando lo popolano studenti e bambini in difficoltà, faticosamente arrampicati su muri di autostima sdrucciolevoli, che, al primo intoppo, si sbriciolano, o genitori appesantiti dalle corse al lavoro e dai problemi di gestione sempre più incalzanti e talvolta marginali, ma che assorbono tutte le energie educative. Ma anche quanti frammenti di gesti generosi e quante attenzioni colorano lo scorrere delle ore di lezione! Accade anche nella grande scuola di città, di cui si parla in questa esperienza. Ritrovare la bussola Le maestre Beatrice e Laura erano in ansia: una delle loro preoccupazioni era quel bambino straniero, ancor piccolo nei suoi sei anni, che con gli occhi profondi e scuri pareva sfidare il mondo, così diverso da quello appena lasciato. E pensare quanto entusiasmo aveva i primi mesi di scuola! Cosa è accaduto a Paul?, si chiedevano dopo un’impegnativa giornata di scuola, cercando qualche punto cardinale per orientarsi nelle scelte educative. Paul, durante i primi mesi di scuola, stava imparando a parlare, a leggere e a scrivere in italiano. Le difficoltà sembravano piccoli gradini da affrontare insieme, serenamente. Invece… Laura, fra le due insegnanti, era la più scoraggiata: E con i compagni? Ormai è una segnalazione continua: non si salva nessuno! Lui, così simpatico e positivo fino a qualche tempo fa, è diventato un fastidioso provocatore. Calci, pugni e spintoni. Occorrono iniziative molto più severe! I richiami sono stati tanti. I genitori poi non sono venuti al colloquio. È un bambino senza regole. Vorrei capire meglio cosa gli sta accadendo: trascorro molte ore di lezione e di laboratorio con la classe e per questo cercherò di ascoltarlo e di seguirlo un po’ più da vicino! , aveva proposto Beatrice. Già, come fosse facile, con 26 altri bambini e ciascuno con le proprie necessità!…. Diamoci un tempo, valuteremo insieme poi cosa fare. Cosa ne dici?. Sarebbe necessario intervenire subito più decisamente, però forse può essere di aiuto quello che dici. Riproviamo a studiare meglio la situazione. Ritrovata la bussola della coerenza, il viaggio poteva continuare. I giorni erano passati. Sguardi di intesa fra le insegnanti, tempi più rilassati per osservare, programma didattico diluito per fare posto a momenti di conversazione, disegno, lavori in piccolo gruppo e drammatizzazioni di favole. In quei momenti avevano notato che Paul non si disegnava mai assieme alla mamma e al papà, ma sempre su un altro foglio, un’altra pagina… un’altra volta. Nonostante Paul scalpitasse ancora come un puledro in gabbia, qualcosa si muoveva. Ricomporre un gruppo solidale con il compagno ribelle non era certo facile; inoltre i genitori del bambino non si presentavano a scuola, per collaborare e sostenere gli sforzi pedagogici. Ma intanto Paul ammorbidiva alcune reazioni e ricercava il sostegno discreto delle maestre. Dammi la mano, sono qui Buon giorno Paul. Beatrice lo salutò quella mattina e all’improvviso sentì chiudersi la mano in una stretta vigorosa. Il bambino si era incollato alla sua mano e sembrava non volerla lasciare più. Era tranquillo, sembrava quasi volersi rifornire di quell’aiuto a diventare finalmente forte e autonomo. E proprio quel giorno la tenacia delle maestre fu premiata. Beatrice, tenendolo sempre per mano, pensò finalmente! e gli mostrò un’allegra e scintillante serie di coppe, stile Mondiali di calcio. Paul sorrise incantato. Paul, ogni volta che sarai bravo e attento ti regaleremo una di queste coppe. Ti piacciono? Potrai portarle a casa alla mamma. Sarà contenta di sapere e di vedere quanto è diventato bravo il suo bambino. Lui si illuminò, spalancò gli occhi e pronunciò scandendo dolcemente, quasi sognante: Mamma!. Poi si buttò tra le braccia dell’insegnante, rimasta letteralmente a bocca aperta. Aveva gli occhi anche umidi di pianto, quasi un’ammissione di richiesta di aiuto, finalmente, quella che reprimeva nella rabbia di ogni mattina. Le maestre riconvocarono i genitori, che espressero alcune loro difficoltà, rendendosi disponibili a ricevere un aiuto e a trascorrere più tempo con il loro figlio più piccolo, donandogli l’attenzione giusta del cuore. Paul ora non si sente più trasparente e non ha più bisogno di attirare l’attenzione sulla sua insoddisfazione: sta costruendo il suo sogno italiano con i compagni di scuola. Ma quando arriva ogni mattina a scuola corre dalla maestra e le dà la mano, finché non si sente sicuro di essere riconosciuto e presente. Il cammino è solo agli inizi, ce n’è di strada da percorrere, ci sono molte mani da stringere per sentirsi forte, molti gesti per sentirsi generosi, ma l’importante è avere la stella polare a portata di mano e lo sguardo attento che riconosce e rende questi bambini liberi e sereni. E questa è solo una delle tante piccole storie quotidiane che le pareti delle aule scolastiche raccontano, fra una campanella e l’altra, ma solo a chi le sta ad ascoltare. Con pazienza e senza fretta.

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