Un Avvenire di fraternità
Come ogni giorno, tra i quotidiani che leggo, non manca Avvenire, quello che comunemente viene chiamato il “giornale dei cattolici”. A dire il vero questa definizione non mi è mai sembrata del tutto esatta, almeno in quanto tendente a confinare questa rivista ad un pubblico comunque ristretto, seppur ampio, di lettori: i cattolici, appunto. Mi è sempre piaciuto piuttosto declinare “cattolico” come universale, cioè aperto, attento all’uomo, in ricerca del bene.
Quando stamani ho letto l’editoriale del collega Marco Tarquinio ho appreso con piacere che «il direttore che lo tenne a battesimo – Leonardo Valente – scrisse che coloro che si accingevano all’impresa di costruire “il” giornale nazionale di ispirazione cattolica intendevano farne uno “strumento comune di ricerca, di proposta e di partecipazione”».
E mentre andavo avanti nella lettura mi sembrava di cogliere una consonanza grandissima con quanto scriviamo e proponiamo sulle nostre pagine e sul nostro sito. Non ultima la campagna pubblicitaria che recita: «Libera. E chiara. L’informazione quando cerca la verità».
Stiamo assistendo tutti, in questo periodo e in questi giorni in particolare, al tentativo di minare la pluralità dell’informazione – e non mi riferisco solo alla mozione, al momento rientrata, proposta dal M5S, dei tagli all’editoria –, di delegittimare il ruolo dei giornalisti, di svolgere un’opera di disintermediazione fra i poteri forti e la società.
Più che mai, quindi, c’è bisogno di coraggio, di impegno, di denuncia di quello che non va e di proposte in grado di attivare processi che risanino il tessuto sociale, morale, politico del Paese. Sì, come scrive il direttore Tarquinio, c’è bisogno di fraternità.
Auguri, cari colleghi di Avvenire!