I messaggi di Natale di Benedetto XVI evidenziano l'attualità del cristianesimo. Preghiere e parole di speranza per le popolazioni sofferenti e in guerra.
Da un paio d’anni per non affaticare troppo il papa di fronte ai molteplici impegni delle festività natalizie la celebrazione della messa della vigilia di Natale, tradizionalmente alle 24, si svolge alle 22. «Anche oggi – ha detto il papa nell’omelia – marciano i calzari dei soldati e c’è il mantello intriso di sangue». Molti dei lanci di agenzia hanno sottolineato questo passaggio per ribadire che ci sono ancora troppo violenze e ingiustizie ai danni dei più deboli. Eppure proprio nella debolezza di un bambino si mostra un «Dio forte», anche di «fronte ai poteri millantatori del mondo». E questo Dio fatto bambino «ha acceso negli uomini la luce della bontà e ha dato loro la forza di resistere alla tirannia del potere».
Benedetto XVI spiega, poi, il termine primogenito che non significa «il primo di una serie di figli», ma è un titolo d’onore che esprime la dignità unica di un amore particolare di Dio padre per lui. Primogenito, dunque, come archetipo della creazione, immagine dell’uomo più autentica. Primogenito anche dei morti, perché ha sfondato la parete della morte ed ha aperto alla dimensione della vita eterna «nella comunione con Dio». Primogenito di molti fratelli, della vera fratellanza «in cui siamo la famiglia stessa di Dio». Fratellanza che si fonda sul vero amore di Dio che «non si lascia confondere dal nostro peccato. Egli ricomincia sempre nuovamente con noi». E aspetta il nostro amore ricambiato nella libertà. «Fa che diventiamo sempre più – ha concluso il papa – persone che amano insieme con te e quindi persone di pace».
Nel suo tradizionale messaggio di Natale, pronunciato dalla loggia centrale della Basilica vaticana, il papa si è soffermato sul messaggio sempre nuovo della nascita di Gesù, motivo di speranza per tutti gli uomini. I principali media di tutto il mondo hanno evidenziato come appena il papa ha avuto parole di incoraggiamento ai cristiani perseguitati, in particolare in Cina, le sue parole, che erano trasmesse in mondovisione anche sul canale inglese della Bbc, sono state prontamente oscurate dal governo cinese.
Di fronte ai 50 mila fedeli presenti in piazza san Pietro, il papa ha spiegato che l’incarnazione è il culmine della creazione e ciò è stato possibile solo per l’amore. L’amore di un Dio che vuole condividere con l’uomo «ogni sua opera e mira alla comunione» perché è in sé stesso comunione, unità nella trinità. E la luce di questa verità può essere colta solo «da quanti si aprono all’amore» perché «se la verità fosse una formula matematica» si imporrebbe da sé, invece, richiede il «sì del nostro cuore». E il mistero dell’incarnazione è anche una luce per tutti i popoli della terra che illumina dal di dentro il cammino collettivo dell’umanità.
«È come il lievito – dice il papa – che manda avanti il vero sviluppo, la spinta a collaborare per il bene comune, alla lotta pacifica per la giustizia». E in un abbraccio planetario il papa ha invocato la pace nella terra di Gesù, tra israeliani e palestinesi, nelle comunità cristiane in Iraq, Medio Oriente. Ha inoltre ricordato le grandi catastrofi naturali di quest’anno a cominciare da Haiti, Colombia, Venezuela, Guatemala e Costa Rica. «La nascita del Salvatore – ha proseguito – apra prospettive di pace» in Somalia, Darfur, Costa D’Avorio, Madagascar e «porti sicurezza e rispetto dei diritti umani» in Afghanistan, Pakistan, «in coraggi il dialogo» tra Nicaragua e Costa Rica e tra le due Coree.
Prima del saluto Urbi et Orbi, pronunciato in 65 lingue, il papa ha invocato gioia e pace per tutti gli italiani e che «il Cristo ispiri i responsabili perché ogni loro scelta e decisione sia sempre per il bene comune».