Un arcobaleno a Frosinone
Approvati gli statuti di Nuovi Orizzonti. Nati dalla straordinaria esperienza di Chiara Amirante.
Di notte tutto ha inizio. Alla stazione Termini di Roma, siamo nel 1991, dove Chiara Amirante si reca per condividere la notte dell’anima di giovani illusi dai paradisi artificiali che la società di oggi propone. Tossicodipendenti, prostitute, emarginati a cui Chiara va incontro tra mille paure per ascoltare le loro storie, condividerne le sofferenze e scendere negli inferi di ogni uomo.
Nei loro volti vede il volto di Gesù crocifisso e abbandonato, nella loro disperazione il grido sulla croce. Non ha idea di cosa nascerà ma solo di percorrere le strade delle nostre città in cui riecheggia un sordo dolore inascoltato. Alcuni la seguono affascinati dalla gioia che emana e dalla vita che propone. Così nasce la comunità Nuovi Orizzonti diffusa ormai in Italia, Brasile, Bosnia. Ventimila sono i collaboratori, 150 mila i “cavalieri della luce”, coloro cioè che si sono impegnati a vivere alla lettera il Vangelo, tra cui i cantanti Andrea Bocelli e Nek. Seicento, sia vergini che sposati, hanno fatto le promesse di vivere in castità, povertà e obbedienza. Esistono 161 centri di accoglienza e formazione e 92 centri di servizi impegnati in spiritualità, editoria, comunicazione, cooperazione internazionale, prevenzione e sensibilizzazione, spettacolo. Sono in costruzione quattro cittadelle chiamate “Cielo”: una in Bosnia, due in Brasile ed una in Italia, a Frosinone.
Sei sempre stata così: un’esplosione di vita. Avevi mai pensato di fondare una nuova comunità?
«Assolutamente no. Decisivo è stato l’incontro con Chiara Lubich nel 1977, avevo 11 anni, in cui ci parlò del suo grande segreto: Gesù Abbandonato. Fu una folgorazione. Era la consapevolezza che avrei voluto spendere tutta la mia vita per rispondere all’amore pazzesco di un Dio che aveva dato la sua vita per me. Poi c’era il desiderio di cercare il volto di Gesù che grida sulla croce in tutte le persone che soffrivano. Sono andata nell’inferno della strada con l’unica consapevolezza di voler rispondere a quel grido. Io non ti abbandono, era la mia risposta. Quando andai dal mio vescovo per discernere se ero in comunione con la Chiesa, lui mi confermò che questa spinta a cercare il popolo della notte era Dio che me la metteva nel cuore. Aggiunse anche che si sarebbe aperta una nuova strada di santità per tanti. Fu difficile per me capire cosa volesse dire. Cercavo solo di rispondere al grido del mio Sposo abbandonato e mai avrei immaginato che Dio avrebbe suscitato una nuova opera nella Chiesa».
L’8 dicembre scorso, il Pontificio consiglio per i laici ha firmato il decreto di approvazione dello statuto della comunità Nuovi Orizzonti. Ve lo aspettavate?
«Per noi è stata una grande sorpresa, perché non ci aspettavamo in tempi così brevi questo regalo della Chiesa e della Madonna. È una grande commozione perché è stato il sigillo che ci assicura che più che mai che il carisma della comunità è un dono dello Spirito Santo, una nuova via che il Signore ha tracciato per fare di questa nostra esistenza un santo viaggio e un grazie d’amore al suo amore. C’è anche un senso rinnovato di responsabilità per questo dono che abbiamo ricevuto. È un impegno nel rispondere ancora di più con tutto il cuore, tutta l’anima, tutte le forze a questa chiamata di Dio perché possa portare frutti di santità in tutta la Chiesa. Il giorno dell’arrivo della lettera di approvazione del Pontificio consiglio dei laici è apparso un arcobaleno bellissimo nelle nostre cittadelle in costruzione a Frosinone e in Bosnia. Ci è sembrato un bel segno perché l’arcobaleno è il simbolo di Nuovi Orizzonti».
Cosa vi suggerisce questa notizia?
«Mi è sembrato che ci fosse grande fretta in Cielo, anche perché non avevo chiesto questo tipo di riconoscimento, in quanto l’Opera mi sembrava ancora giovane ed in evoluzione. Ed è stato importante proprio per andare in cerca di tutti i nostri fratelli che vivono nell’inferno della separazione da Dio e portare la gioia della Risurrezione nella società del benessere e dei consumi, dove il grande male sembra essere la depressione, la tristezza, la solitudine. E mi sono resa conto che questo carisma non è solo per i ragazzi di strada, ma per tutti, perché c’è un profondo vuoto e un senso di morte interiore. Del resto il Vangelo parla chiaro: “Il salario del peccato è la morte”. Nel momento in cui ci apriamo all’amore di Dio viviamo la pienezza della vita. Il percorso, per tutti, è riscoprire la bellezza dell’arte di amare e di mettersi alla scuola del maestro».
Quali sono state le difficoltà più grandi che hai incontrato in questi anni?
«Scendere negli inferi di ogni uomo è anche molto doloroso. Se ti cali veramente nella morte del cuore del fratello anche il tuo cuore sanguina e la salute ne risente. Ma fai anche l’esperienza che l’amore è più forte della morte e la gloria della risurrezione risplende anche in quell’inferno.
«Inoltre le difficoltà concrete sono enormi perché ci sono dei casi veramente drammatici e ti sembra di essere una goccia nell’oceano. Hai sempre l’impressione di non arrivare a rispondere a questo grido dell’umanità sofferente. Ogni giorno, però, contemplo nello stupore zoppi che riescono a camminare, ciechi che riacquistano la vista, morti che risuscitano».