Un anno dopo l’attentato, Reggio non tace
In pochi parlano della mobilitazione giovanile che c'è in Calabria. Eppure, un germoglio di speranza sta crescendo per dire no alla 'ndrangheta.
È strano… Eppure non lo è, a pensarci bene. Lo sa chi vive a Reggio Calabria. E non solo. In questi giorni sulle pagine dei giornali o sulle home page dei siti non c’è quasi traccia di una certa notizia. Lunedì 3 gennaio il movimento Reggio Non Tace ha organizzato ancora una volta, come fa da un anno ormai, una manifestazione per dire no alla ‘ndrangheta. Era il 3 gennaio del 2010 quando fu collocata una bomba nella pretura di Reggio.
Da allora, è passato un anno. Pieno di altri attentati. Ma ora non c’è più la notizia. E invece la notizia è che pochissimi ne parlano. Un silenzio che parla. Emerge di continuo la tentazione di stare zitti. Di girare la testa dall’altra parte. O peggio. Tanto è un fenomeno locale. Tanto a noi non interessa. Anzi, ne possiamo approfittare. Eppure solo a sentire certe risultanze processuali o relazioni delle commissioni parlamentari antimafia, ci siamo ancora dentro. Tutti.
Perché ne parliamo? Perché se si guarda bene alla radice di un movimento spontaneo, semplice e profondo c’è sempre qualcosa che è più grande di quanto si vede. Di quanto si dice. È come un germoglio che ha bisogno di cura, attenzione e sostegno. Che certamente non ha bisogno della grancassa, delle distrazioni di massa o dei compromessi di cui fanno abuso i mistificatori della verità. Che nasce dentro la notte, al buio, alla presenza di poche persone, magari in un angolo del mondo. In un silenzio che parla.
Buon Natale, ragazzi!