Un anno fa cominciava il lockdown
È stata una conferenza stampa che ha cambiato il corso del 2020, l’anno terribilis già reso cupo dai servizi della bravissima Giovanna Botteri da Wuhan o di Giuseppe Lavenia da Codogno col paziente uno.
È stata la conferenza stampa della sera del 9 marzo 2020, quella dove Giuseppe Conte decretò che dall’indomani tutta l’Italia sarebbe diventata zona protetta, che col traduttore simultaneo voleva significare lockdown= tutti chiusi… Ci aspettavamo qualcosa di scioccante, e chissà se molti avranno pensato di allungare quella notte.
Per l’istinto irrazionale di conservazione, i supermercati immediatamente furono presi d’assalto e da quel momento, e per molto tempo, sparirono lievito e farina. Dall’indomani gli spazi degli italiani diventarono i balconi, dove in una sorta di rito esorcizzante, riecheggiò l’inno nazionale, Azzurro di Celentano ed altri cori propiziatori, ed ogni bambino disegnò arcobaleni per dire che “andrà tutto bene”.
Quante volte abbiamo visto, o sentito, passare le ambulanze e quelle sirene, di quel marzo italiano, avevano un suono diverso che non passavano inosservate.
I baci, gli abbracci e le strette di mano furono banditi come il whisky al tempo del proibizionismo, mentre, nell’attenderli, ci preparavamo ad indossare mascherine ed usare gel alcolico, anche se, ahimè, non l’abbiamo mai imparato a fare abbastanza.
Quanto abbiamo apprezzato, allora e ora che ne avvertiamo la mancanza, cinema e teatri, prima pensati con ovvia sufficienza. Abbiamo perso tanti italiani quanti gli abitanti di una città di media grandezza, dapprima sgomenti, poi il torpore del virus, l’inebriamento della chiusura, la voglia di normalità, certamente egoistica, li ha resi invisibili non sapendo neppure dove li hanno portati quei camion grigioverdi resi ancora più scuri dalla notte di Bergamo. Luoghi come Codogno, Alzano Lombardo, Vo Euganeo o Val Seriana forse tanti non li conoscevano, ma sono diventati familiari e resteranno indelebili nella nostra memoria.
I giornali di un anno fa e quelli di oggi hanno una grammatica simile, ma allora non c’era una parola che oggi è presente: vaccino. Forse è quello l’arcobaleno che ce la farà a spuntare.