Un amore appassionato per Cristo

Il contributo che la Superiora Generale delle Domenicane di Santa Caterina da Siena e Presidente dell’USMI (Unione Superiore Maggiori d’Italia) ha presentato al forum di “Unità e Carismi”.
Volo
Ho partecipato per la prima volta al forum organizzato dalla rivista “Unità e Carismi”. Il tema proposto mi aveva molto incuriosito: “Quale Dio per la vita consacrata?”. Ho accolto con gioia l’invito e ho partecipato volutamente impreparata. Sono convinta che, quando si entra in un spazio nuovo, la cosa più importante da fare sia mettersi in ascolto. Il forum, il tema, gli amici che avrei incontrato, mi rimandavano con il pensiero ed il cuore alla figura di Mosè di fronte al roveto ardente. Percepivo il momento troppo importante, per mettermi subito a chiacchierare, magari con un discorso preparato a casa.

 

Non mi sono sbagliata, infatti! L’incontro con fratelli e sorelle, che condividono la medesima avventura dell’appartenenza totale a Gesù, mi ha fatto assaggiare la bellezza della fecondità della fede, quando questa è vissuta nella semplicità di un quotidiano che non ci appartiene, ma che ha le sue radici ben salde nella comunione trinitaria.

 

Un movimento di eternità

 

Il nostro essere insieme, qui e oggi, trova il suo perché più profondo nel fatto che siamo battezzati e consacrati a Dio. Rimaniamo sempre stupiti quando ci rendiamo conto che non siamo noi a cercare il volto di Dio, ma è lui che cerca, da innamorato, il nostro volto. Noi lo abbiamo incontrato! Questa esperienza ha toccato e cambiato la direzione alla nostra vita, continua ad attraversarla ed è in forza di essa che viviamo nella luce e perciò possiamo vivere non avendo paura, come diceva Chiara.

 

Fin da ora ci è dato di vivere dentro un movimento di eternità, di amore. Nella misura in cui abbiamo il coraggio di rimanerci dentro, niente e nessuno ci può annientare, distruggere, oppure gettare in una qualsiasi sorta di infelicità. Siamo felici proprio perché ci riceviamo come un dono di Dio, tutto ciò che siamo è suo dono, e nel suo donarsi egli viene in cerca di noi e vuole incontrarci, e incontrandoci ci genera continuamente come persone amate e quindi capaci di amare.

 

Oltre l’autosufficienza

 

La vita religiosa oggi può dire di essere un’esperienza di vita che ha incontrato davvero Dio? Che lo ha visto? O meglio, che si sta lasciando incontrare da Dio? Mi pare che questo sia il punto fondamentale della questione. Chiara e, il fascino che ogni volta suscita in noi quando l’ascoltiamo, ci suggerisce la risposta: l’incontro con Dio lo si può vedere e capire dalle vostre opere.

 

Mi piace condividere in questa occasione un’esperienza che mi ha segnato. Giovane maestra delle novizie, frequentavo i corsi di formazione per formatrici organizzati dell’USMI. A quel tempo Sante Bisignano, omi, ci dettava lezioni sapienziali che hanno lasciato una traccia nella vita di molte formatrici. Egli disse qualcosa che divenne in me come una strada sicura e formidabile, non solo a sostegno dei miei criteri formativi, ma anche per il discernimento spirituale: “La preoccupazione di una formatrice sia essenzialmente quella di accompagnare le giovani aiutandole a innamorarsi di Gesù. Quando una giovane suora sarà innamorata della persona di Gesù, nulla la potrà fermare”. Ho sperimentato più volte la verità di queste parole, nella mia vita e in quella delle giovani che ho accompagnato. L’incontro d’amore tra la creatura e il suo Creatore è il vero motore che genera energia vitale.

 

Ascoltando le parole di Chiara, riceviamo un messaggio chiarissimo: lei è stata una donna “incontrata”. Non c’è stata malattia, non c’è stata difficoltà o problemi o delusioni o sconfitte che l’abbiano potuta fermare, e questo fino alla fine della sua vita. In Chiara, l’incontro con la persona di Gesù è stato l’evidente motore di tutta la sua vita e per tutta la sua vita. Nessuno l’ha potuta fermare, mai!

 

Nei quindici anni di servizio come Priora generale della mia Congregazione posso affermare, con la convinzione e la forza dell’esperienza, che ho potuto comprendere le mie sorelle solamente quando mi sono fatta “uno” con loro, quando ho fatto mio il loro dolore o la loro gioia, quando sono giunta a rivivere in me le loro ansie, le loro speranze.

 

Ora comprendo un po’ di più che è necessario avere il coraggio di non barricarsi dentro l’ideologia dell’autosufficienza. Questa è una sfida attuale che ci spinge a smascherare le nostre ideologie e a chiamarle per nome, a non aver paura delle tante sicurezze che probabilmente potranno venir meno, ma ad essere felici di identificarci con Gesù in un incontro che sia esperienza quotidiana, rapporto gratuito d’amore, continuamente ricevuto e continuamente dato, senza pretese selettive, spaziando sempre di più in quell’universale che si concretizza nell’amare qui e ora ogni fratello e sorella che ci sono dati di incontrare, qualunque sia la loro cultura, la loro razza, la loro religione.

 

Ho la percezione che, nell’universo della vita consacrata, stia avanzando inesorabile una sorta di mentalità ideologizzata e individualista, uno stile di vita sempre più ingabbiato da idee, piuttosto che liberato dall’esperienza viva del Cristo. Spero di sbagliarmi! Sono sempre di più convinta che, nella misura in cui la vita religiosa ritornerà a lasciarsi guidare dal fascino per la persona di Cristo e smetterà di contare e calcolare di quante forze umane dispone, allora uscirà dalle sacrestie e contagerà molti con il “buon odore di Cristo” di cui sarà portatrice.

 

Un’icona del Vangelo

 

Vorrei terminare richiamando un’icona evangelica a me tanto cara, quella dell’incontro di Gesù risorto con Maria di Magdala, il mattino di Pasqua (Gv 20, 11ss). La ritengo luce-guida sul mio cammino, perché apre, nella concretezza delle situazioni, la mia intelligenza a comprendere, e quindi a discernere la sua voce in mezzo a tante voci, a scegliere l’amore e magari a vigilare quando idoli moderni tenterebbero di trascinarmi fuori dall’incontro con Cristo.

 

Maria di Magdala: una donna appassionata e amante. Fino al momento in cui non ha permesso a se stessa di udire la voce di Gesù che la chiamava per nome, ha vissuto l’illusione del vero amore. Maria, infatti, non seguiva Gesù, ma l’idolo che di lui aveva costruito nella sua mente. Maria cercava sicurezze, fossero anche i poveri resti di un corpo morto. “… dimmi dove lo hai posto e io andrò a prenderlo!”. Un rapporto che riduce la persona amata a un pacco che si può prendere e trasportare dove si vuole, che si può quindi possedere.

 

Gesù, nel momento in cui la chiama per nome, capovolge completamente la situazione. “Maria!”. Ora Maria comprende, e Gesù le può chiedere molto di più, perché ormai Maria abita nell’Incontro che genera la vita vera. “Non trattenermi, ma va’ dai miei fratelli…”. Tutto è semplicemente stupendo. L’amore vero libera e introduce nell’obbedienza della fede. Chi ama non può non obbedire, perché la fede non è altro che l’essenza di un rapporto d’amore e l’obbedienza è il frutto e il segno della fecondità di tale rapporto. Quando una persona ama davvero, la sua unica preoccupazione è quella di piacere alla persona amata e di essere là dove l’amato chiama.

 

In Chiara mi ha sempre affascinato il suo amore appassionato per Gesù, il quale ha perciò potuto forgiare in lei la persona obbediente. Quel “sempre, subito, con gioia” da dove nasce se non da qui? Si tratta di una vita molto concreta, immersa nella volontà di Dio del momento presente, unica strada maestra da percorrere per combattere e sconfiggere gli idoli.

 

 

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