Un altro eroe per Clint Eastwood

La vera storia di Richard Jewell, una guardia giurata che sventa un attentato ad Atlanta nel 1996 e viene accusato ingiustamente: potenza dei media e della mentalità del sospetto.

A 89 anni Eastwood continua a lavorare e a stupire per la coerenza del suo percorso. Dopo The Mule-il Corriere dove interpretava un anziano che spacciava droghe, ora è la volta di un uomo semplice, uno di quei tipi sovrappeso americani che a prima vista appaiono complessati, insignificanti, ancora immaturi, attaccati alla madre con cui vivono. Richard Jewell – che dà il titolo al film  – è uno di questi. È un membro della sicurezza che prende alla lettera i suoi doveri e perciò passa dei guai per la propria incolpevole rigidità. Ma quando scopre la bomba dell’attentato del 27 luglio 1996 alle Olimpiadi estive ad Atlanta salva numerose persone e diventa un eroe. Inseguito dai media, è stordito, goffo. Solo che l’eroe acclamato, pochi giorni dopo diventa il grande sospettato.

Polizia, FBI e media cercano il colpevole e pensano a lui. I media poi – in particolare la giornalista  Kathy Scruggs, un tipo pronto a tutto pur di carpire informazioni segrete – gonfiano in modo smisurato la situazione, creando nell’uomo per 88 giorni e nella dolce sua madre – gente umile e assediata da polizia e giornalisti – un dolore immenso per una autentica caccia al colpevole. Richard riuscirà – è storia vera – ad uscirne grazie ad un avvocato scaltro, ma la sua tragedia interiore la vivrà sino in fondo.

Eastwood mette in scena una tipica tragedia americana e di sempre: creare dei miti e poi distruggerli, fare degli eroi e poi infangarli. La potenza dei media che creano  l’opinione pubblica fa oscillare la gente dall’esaltazione alla persecuzione, alza idoli e li abbassa, specie le persone semplici e pulite come Richard. Un fenomeno quanto mai vivo. Del popolo c’è poco da fidarsi, vittima com’è dei media, pare dire il regista.

Il colpo basso Eastwood infatti  lo dà alla tracotanza dell’FBI che deve cercare un colpevole in fretta per salvare la faccia davanti al mondo e lo trova subito in quest’uomo che certo ha dei problemi, è di fatto “un perdente”: ma non  un assassino, anzi. Clint ama – si ricordi Gran Torino – le persone indifese ed è spinto a creare intorno a loro una difesa, nel caso l’avvocato,  per “salvarle” dal male.

Lo stile del film al solito è rigoroso, asciutto, senza concessioni alla retorica dell’eroe o del perseguitato, interpretato da un credibile Paul Walter Hauser.  Racconta l’umanità così come è, ossia, in questo e in altri casi, un dramma vero da gettare in faccia al pubblico per farlo se non pensare, almeno svegliare. È questa umanità di anziani, o di semplici, o di vittime che Eastwood ama, tanto più che Richard è morto a 44 anni di cuore, poco dopo esser stato riconosciuto innocente. Ma non tutti gli hanno creduto, come afferma un funzionario dell’FBI, anche se il vero colpevole è stato poi trovato. Potenza dei media e della mentalità del sospetto.

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons