Un albero cresce a Brooklyn

Èstato prima un best seller, poi un film, poi un musical e infine una serie televisiva: insomma, uno tra i più amati romanzi del Novecento, in grado – è stato detto – di attraversare le generazioni : quel che si definisce un classico. Ora riproposto da Neri Pozza a oltre sessant’anni da due precedenti edizioni italiane, Un albero cresce a Brooklyn di Betty Smith narra la storia di una bambina – Francie Nolan – che pur nel grigiore di un quartiere afflitto da povertà materiali e spirituali, grazie al calore umano ricevuto dai genitori, irlandesi di seconda generazione, vive insieme al fratello minore Neeley un’infanzia ricca di valori, sapendo conservare intatta la sua dignità e conoscendo felicità ignote ai più fortunati, decisa a superare pregiudizi e disuguaglianze per realizzare il suo sogno: studiare e diventare autrice teatrale. Questa vicenda autobiografica (i genitori dell’autrice erano tedeschi immigrati e lei stessa aveva sofferto la povertà e l’impossibilità di proseguire gli studi) delinea il volto degradato della New York di inizio secolo con i suoi immigrati fuggiti da un’Europa non più in grado di sostentarli e confinati in veri e propri ghetti ai margini della grande città. Romanzo realistico, dunque, ma dai toni delicati – quel mondo difficile ci è mostrato attraverso gli occhi di una bambina -, epopea degli umili che procede spigliata per oltre cinquecento pagine, intrecciando sapientemente scene crude, commoventi o umoristiche, e personaggi tratteggiati con grazia e profondità psicologica. Quanto a Francie, ricorda (ma solo per caparbietà e senso critico, non per cinismo) l’eroina di Via col vento, quella Rossella O’Hara simbolo di una nazione messa in ginocchio dalla guerra di Secessione ma pur sempre indomita, che trova nel lavoro e nel ricominciare la capacità di rialzarsi dopo ogni traversia. Per Francie invece il riscatto verrà dalla cultura, dalla sua passione per la lettura e gli studi. Immagine delle nuove generazioni alle prese con le difficoltà del vivere, ma proiettate verso un futuro di speranze concrete, è l’ailanto detto anche albero del Paradiso, che cresce nello squallido cortile dell’abitazione dei Nolan: un albero capace di prosperare perfino nel cemento e che anche tagliato ricresce. Viene descritto all’inizio del romanzo e lo ritroviamo alla fine, quando Francie, ormai maturata donna, nella bambina che legge alla sua ombra scorge sé stessa a quella età e, in lei, può dare l’addio alla propria infanzia. Guardò di nuovo verso la scala antincendio. La bambina era sempre seduta al suo posto e la guardava. Francie agitò il braccio e gridò: Ciao, Francie. Non mi chiamo Francie – urlò la piccola -. Mi chiamo Florry, lo sai. Sì, sì. Lo so. Guardò in basso nel cortile. L’albero i cui ombrelli verdi coprivano la scala antincendio era stato abbattuto, perché le donne si lamentavano che i rami davano fastidio alle corde su cui asciugavano il bucato. Il proprietario aveva mandato due operai che lo avevano segato alla base. Ma l’albero non era morto… non aveva voluto morire. Un nuovo albero era cresciuto al posto del vecchio; un nuovo tronco si era sviluppato in un punto in cui non c’erano corde per il bucato e, dopo avere trovato lo spazio libero, si era lanciato verso l’alto, verso il cielo. (…) Francie guardò per l’ultima volta la bambina che leggeva seduta sulla scala. Addio, Francie, mormorò. Poi chiuse la finestra. Questo di Betty Smith è uno di quei romanzi necessari in quanto, ispirati dalla verità di una vita sofferta, ripropongono situazioni e sentimenti che l’uomo di ogni epoca e cultura avverte come propri. E di stringente attualità poiché i poveri li avrete sempre con voi. BETTY SMITH (pseudonimo di Sophina Elisabeth Werner) nasce il 15 dicembre 1896 a Williamsburg, lo stesso quartiere in cui ambienterà il suo primo romanzo, da genitori tedeschi figli di immigrati. Dopo aver perso il padre all’età di dodici anni, a causa delle precarie condizioni familiari è costretta ad abbandonare la scuola. In seguito, da sposata, si trasferisce ad Ann Arbor (Michigan), dove frequenta l’università come uditrice nei corsi di giornalismo, teatro, scrittura e letteratura. Travolgente il successo de Un albero cresce a Brooklyn (1943): ventidue settimane nella classifica dei best seller, quattro milioni di copie vendute e traduzioni in sedici lingue. Nel 1945 l’esordiente Elia Kazan ne ricava un film vincitore di un Oscar. Nel 1951 George Abbott lo trasforma in musical. Nel 1974 diventa una serie televisiva. Altri romanzi della Smith, peraltro autrice soprattutto di pièce teatrali: Domani andrà meglio, Maggie di Brooklyn, Al mattino viene la gioia. Muore il 17 gennaio del 1972 a Shelton (Connecticut).

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