Un abbraccio planetario
In tanti mi hanno ringraziato per dirmi che non solo Chiara Lubich, ma anche i focolarini sono amati e stimati. Così Maria Voce, attuale presidente dei Focolari, si espresse durante il Sinodo sulla Parola, svoltosi in Vaticano lo scorso ottobre, per esprimere l’affetto e la considerazione da parte dei padri sinodali provenienti da tutto il mondo verso i figli di Chiara sparsi nel pianeta. Il fatto più notevole che si nota in questo primo anno trascorso dopo la partenza di Chiara per il Cielo è che la fondatrice non appartiene più solo ai Focolari ma è entrata nelle correnti spirituali e culturali del nostro tempo. Dopo la sua morte Chiara è più di tutti, più compresa, più amata. È vista come un’icona del cristianesimo d’avanguardia perché la sua persona e le sue idee hanno superato le barriere religiose, civili e culturali, tanto che molti si riconoscono nella sua spiritualità e nel suo pensiero anche senza appartenere ai Focolari, anche se non credenti. Il suo abbraccio al mondo è visto come l’invito a costruire una grande famiglia sotto lo stesso cielo, famiglia chiamata alla fraternità universale. E Chiara oggi è viva nei suoi, in chi prosegue la sua missione nei luoghi e modi più impensati. Guerra e amore di Liliane Mugombozi Corrispondente da Nairobi, Kenya Nelle regioni del nord-est della Repubblica democratica del Congo si è Lubich. La cerimonia si svolgeva nel Palazzo legislativo, come viene denominato il Parlamento uruguayano. In Uruguay, un Paese di soli tre milioni di abitanti, ho vissuto dodici anni. Pertanto ero ben cosciente di trovarmi, in qualche modo, nella culla della laicità che tanto contraddistingue questo popolo da tutti gli altri Paesi sudamericani. Sì, proprio lì, dove quasi vent’anni prima nacque una polemica infinita per decidere se lasciare una gran croce nel centro della capitale a ricordo del passaggio di Giovanni Paolo II, da qualche minuto una folla, insolita per l’ora pomeridiana, gremiva l’elegante e solenne Salone dei passi perduti. Autorità religiose e civili, esponenti di organizzazioni sociali ed ecclesiali, cittadini comuni, persone collegate con i Focolari avrebbero ricordato una figura religiosa della portata di Chiara. Il seminario è cominciato e, con la sobrietà tipicamente uruguayana, chi faceva gli onori di casa ha condotto la cerimonia durante la quale è stato tratteggiato il profilo della fondatrice dei Focolari, ed alcune sue diramazioni nella pedagogia e nell’economia, fino all’intervento di tre esponenti politici appartenenti ad altrettanti partiti, da sempre situati su sponde opposte. Un senatore, del Partido Nacional, un deputato del Partido Colorado (partiti con più di 170 anni di storia) e l’ambasciatore dell’Uruguay in Cile, esponente del Frente Amplio, il partito di centro sinistra attualmente al governo. Membri tutti e tre del Movimento politico per l’unità, ciascuno ha presentato un aspetto della fraternità nel vissuto politico. Il silenzio del pubblico non avrebbe potuto essere più grande. Hanno raccontato della collaborazione e del dialogo tra loro, di esperienze concrete nella presentazione di disegni di legge. Nessuno negava le differenze ideologiche, nessuno taceva la diversità, ma queste tre persone, ignoro se credenti o no, sono state una testimonianza di unità. Hanno infuso nei presenti un’idea chiara: come sarebbero i Parlamenti se vi si vivesse la fraternità. Queste persone hanno bevuto avidamente dalla spiritualità dell’unità. Ed un carisma che riesce a produrre tali effetti, lo dico da giornalista, è fatto per l’eternità. La Lubich in cinese di Francis Yan Corrispondente da Shanghai, Cina La Chiesa cattolica di Shanghai ha una lunga tradizione. Fu fondata nel 1608 da Paul Xu Guangqi, il primo cattolico della città, convertito dal gesuita italiano padre Lazzaro Cattaneo. Il religioso ha vissuto nella città per due anni, battezzando circa 200 persone e costruendo la prima chiesa vicino Xujiahui. Le celebrazioni per l’anniversario, iniziate il 1° marzo e durate nove mesi, hanno avuto tra i principali eventi il pellegrinaggio al santuario di Sheshan. Tra le molteplici occasioni per ricordare i 400 anni della diocesi di Shanghai che conta 150 mila cattolici, c’è da segnalare un’originale iniziativa editoriale. Nell’ottobre scorso durante una visita ad un amico sacerdote di nome Tian, direttore della casa editrice cattolica di Guangqi, ed al suo collaboratore Tao Beiling, mi hanno comunicato la loro decisione di pubblicare quattro libri di Chiara Lubich in cinese. I titoli, molto conosciuti in Italia, sono: Una nuova via, L’unità e Gesù abbando – nato, Meditazioni (in cinese tradotto La dinamica della vita), e La carità come ideale. Per quest’ultimo libro si è registrato addirittura l’ordine di un’azienda di Chengdu che lo utilizzerà per la formazione del personale. È significativo che la scelta sia stata fatta durante il 400° anniversario della diocesi di Shanghai. C’è qui, infatti, una grande sete di Dio e la necessità di un rinnovamento spirituale; il vescovo ha coinvolto anche le università e il mondo culturale per questa nuova tappa della vita diocesana. La diocesi di Shanghai, del resto, ha sempre dato il meglio alla Cina: due università cattoliche, un osservatorio me- teorologico e tante scuole. Per quanto mi risulta, la pubblicazione di questi quattro titoli della Lubich sono avvertiti come l’occasione per fare un salto di qualità nella Chiesa e non solo. Il professore Wu Yiye di Nanchino è di religione musulmana ed è impressionato da come la Chiesa cattolica, con il Concilio Vaticano II, è riuscita a riformarsi. La Cina, come si sa, dal 1978 ha avviato un processo di riforma che coinvolge tutti i campi: economico, politico e anche religioso. È un processo lento che coinvolge più di un miliardo di persone, ma è voluto dal popolo; per questo il governo cinese sostiene il graduale e ordinato cambiamento. Ho l’impressione, però, che la vera riforma del Paese non passi da problematiche metodologiche o tecniche, ma dal soffio dello Spirito Santo per aprirsi al Vangelo e al mondo. Ci vuole il dono di un carisma e la forza rinnovatrice della corrente spirituale messa in moto da Chiara Lubich anche per la Cina. 1+1 = 3 di Joachim Schwind Corrispondente da Augsburg, Germania A Colonia, nel novembre scorso si è festeggiato il 50° anniversario dell’arrivo dei Focolari in Germania e in città che conserva le antiche reliquie dei Re Magi. Non lontano dal prestigioso duomo medievale, nel centro della città, in un’elegante sala, la famosa Flora, si è svolto un incontro sul tema: L’unità nella diversità, che metteva in luce lo specifico del carisma dei Focolari, cioè l’amore reciproco come via per unire la duplice aspirazione di ogni uomo nel mantenere la propria identità e nel trovare un’autentica comunione, anche nel campo del dialogo ecumenico. Erano presenti autorevoli rappresentanti di ben quattro Chiese: il card. Joachim Meisner di Colonia, il metropolita Augoustinos, capo della Chiesa greco-ortodossa in Germania, l’arcivescovo Karekin Bekdjian, primate della Chiesa armena in Germania e Markus Zimmermann, responsabile della Chiesa luterana- evangelica di Colonia. Il metropolita Augoustinos, nel suo intervento, ha ricordato come negli ultimi cinque decenni siano avvenuti molteplici contatti tra i Focolari e la Chiesa ortodossa, e che il punto culmine lo si sia raggiunto il 12 giugno 2008 con il conferimento del Premio Klaus Hemmerle 2008 al patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I. In quell’occasione, nel suo ringraziamento, il patriarca aveva detto: La testimonianza luminosa che ha contraddistinto la vita e la morte di Chiara Lubich ci ha sempre illuminati e accompagnati nel nostro cammino. Ciò che lei e il Movimento dei focolari intero hanno dato alla cristianità sarà per noi tutti sempre di sprone e incoraggiamento. Il card. Joachim Meisner ha conosciuto i Focolari quando era parroco e poi vescovo nella Germania dell’Est, sotto il comunismo, nell’attuale diocesi di Erfurt. Dall’inizio – ricorda – mi hanno affascinato lo stile di vita e soprattutto la spiritualità, perché sono stati veramente un mezzo per raccogliere i tanti credenti dispersi. Nel territorio di una parrocchia c’erano trenta paesini, senza neanche una chiesa cattolica e senza alcuna cappella. Potevamo radunarci soltanto negli appartamenti, senza tabernacolo, ma ci siamo detti: possiamo vivere il dove due o più. Attraverso il focolare, infatti, abbiamo conosciuto una nuova matematica: uno più uno fa tre, perché lì sono io in mezzo a loro. Questa vita vissuta ha fondato, per così dire, una sottostruttura in questa grandissima struttura della pastorale, che ci è stata imposta attraverso tutti gli eventi del dopoguerra. Chiara – conclude – l’ho sempre apprezzata. Era assolutamente credibile perché cercava di vivere ciò che diceva. Per questo la sua parola acquistava efficacia e peso. Senza di lei il secolo passato e l’inizio del nuovo sarebbero stati più bui.