Umberto Bossi è stato graziato
Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha concesso la grazia a Umberto Bossi. Il senatur, fondatore della Lega Nord non dovrà scontare la condanna a 18 mesi di reclusione che era stata inflitta a causa delle parole pronunciate nel 2011, durante un comizio, contro il presidente della Repubblica del tempo, Giorgio Napolitano.
Bossi, dal palco, aveva apostrofato il capo dello Stato come “terùn” (terrone) con riferimento alle sue origini meridionali ed aveva accompagnato una frase molto pesante pronunciata nei suoi confronti con il segno delle corna, agitando la mano destra. Un gesto che aveva fatto scalpore e che aveva fatto piovere sul leader leghista una miriade di denunce. Il comizio, peraltro, era stato filmato.
Umberto Bossi è stato processato per vilipendio del capo dello Stato e la sentenza era diventata definitiva. Bossi, a causa delle sue condizioni di salute (l’ultimo grave malore risale a gennaio 2019), era stato affidato in prova ai servizi sociali. Nel frattempo, era partita la richiesta di grazia. La norma attuale prevede che essa venga presentata dal detenuto o condannato, da un parente o da un avvocato, che su di essa si esprima il pubblico ministero o il magistrato di sorveglianza, poi che essa venga inoltrata dal ministro della Giustizia al presidente della Repubblica. È una delle prerogative che la Costituzione assegna al presidente della Repubblica, accresciute con la sentenza della Corte Costituzionale del 2006, che le svincola dal parere diverso che potrebbe essere espresso dal ministro della Giustizia. Il presidente può concedere la grazia anche di fronte ad un parere negativo del titolare del ministero di via Arenula. Nel 2006, su questa questione, si sollevò un conflitto di legittimità tra l’allora presidente Carlo Azeglio Ciampi ed il ministro della giustizia, il leghista Roberto Castelli. La Suprema Corte si espresse a favore del capo dello Stato, ritenendo non determinante il parere negativo del Guardasigilli.
La concessione della grazia a Umberto Bossi non è un caso isolato. Nei quasi cinque anni del suo mandato (è stato eletto a febbraio 2015) Mattarella ha concesso la grazia ben quindici volte. Questa volta, però, il nome del condannato graziato fa alzare i riflettori su una stagione difficile della vita politica italiana che non si è ancora conclusa. Bossi è stato il promotore della battaglia per l’indipendenza delle regioni del Nord (ribattezzate “Padania”) quasi a voler sottolineare il carattere peculiare che ad esse si accompagnava, la volontà cioè di dar vita ad uno stato indipendente. La Lega Nord, divenuta parte integrante del governo Berlusconi, ha via via mutato i suoi orientamenti, trasformandosi poi, con l’odierna gestione di Matteo Salvini, in un partito a carattere nazionale, che propugna il sovranismo ed abbandonando i disegni irredentistici legati ad un’identità che si differenziava da quella dello Stato italiano. Non sono cambiati i toni, spesso molto esacerbati. E la vicenda processuale di Umberto Bossi li ha riportati alla memoria, ricordando quando essi erano rivolti contro i meridionali. Oggi, il quadro di riferimento è cambiato e nel mirino non ci sono più i meridionali, bensì gli immigrati. Cambia l’obiettivo, rimane intatto il criterio della differenziazione sulla base di una condizione di vita o di una provenienza geografica.
Ma torniamo alla grazia. Essa è un segnale importante: un segnale di riconciliazione, un segnale di umanità. La natura stessa di questo istituto giuridico, assegnato espressamente alle competenze del capo dello Stato, prevede, tra i motivi che possano originarlo, proprio quelli umanitari. Sono passati quasi nove anni. Bossi, dopo la malattia del gennaio scorso, è sempre più defilato e, pur mantenendo la carica di senatore, fa poche apparizioni pubbliche anche a Palazzo Madama. Il partito è saldamente nella mani di Matteo Salvini, che lo ha condotto a superare la soglia del 30 per cento (è accaduto nelle elezioni europee di maggio). Bossi, Maroni, Calderoli, Castelli sono defilati: appartengono al passato della politica. Il presidente emerito Giorgio Napolitano ha compiuto un grande gesto di perdono, affermando di non avere alcun motivo di risentimento nei confronti di Bossi. C’erano le condizioni perché la grazia venisse concessa. Mattarella non ha avuto dubbi e lo ha fatto. Esercitando così, in pieno, il suo ruolo di presidente della Repubblica, uomo super partes, garante dell’unità della Nazione. Anche nei confronti dell’uomo che l’unità della Nazione aveva messo a repentaglio. Ma lo Stato, quello vero, è più forte. E lo diventa ancor di più quando dimostra di non essere debole. E di porre salde radici nei principi cardine della Costituzione repubblicana.