Udine non è una terra di sangue

L'uccisione, lo scorso aprile, di Mirco Sacher, e l'omicidio, avvenuto qualche giorno fa, di Silvia Gobbato hanno riportato al centro della cronaca nera il capoluogo friulano. Un commento
Udine

«Capisco la rabbia, ma non sentivo definire il Friuli "terra di sangue" dai tempi delle invasioni ungare». Sarà pure sarcastico questo commento su Facebook, ma ha il merito di sintetizzare un sentimento comune a tanti a Udine: una città sempre stata tranquilla, ma sconvolta nel giro di pochi mesi da due omicidi particolarmente cruenti. Il primo, quello di Mirco Sacher lo scorso aprile, per il quale sono accusate due sedicenni che avrebbero tentato di rubargli la carta di credito; e il secondo quello della ventottenne Silvia Gobbato, accoltellata il 17 settembre mentre faceva jogging da Nicola Garbino, che avrebbe ammesso di averla voluta sequestrare per chiedere un riscatto e di aver poi infierito su di lei di fronte alle resistenze opposte.

Ma pur interrogandosi su che cosa mai stia accadendo, di fronte a frasi come «Sembra uno di quei delitti come capitano a Manhattan dove si viene uccisi a ogni giro di orologio», comparse su alcuni giornali, la città si rifiuta di essere etichettata come «capitale del crimine"; e gli udinesi, più che dare retta ai titoli gridati, si pongono piuttosto domande sullo stato della società in senso lato.

Come spesso accade è soprattutto la rete ad ospitare il dibattito, su social network, forum e giornali locali. Che si vada oltre la mera cronaca è testimoniato dal fatto che le esternazioni che invocano vendetta sono relativamente rare: «Io non voglio giudicare cose tipo "36 anni fuoricorso" o "non aveva mai lavorato" – afferma infatti tal MostroDiGoiconda, nickname forse inquietante, richiamando frasi ricorrenti su tutti i media -; dovremmo chiederci invece perché c'è così tanta gente in giro che "dà di matto" e farci un esame di coscienza».

Naturalmente le opinioni sulle ragioni di questo «dare di matto» sono diverse: chi addita l'emergenza educativa, chi l'incapacità di crescere e assumersi le proprie responsabilità, chi l'assenza dello Stato e delle forze dell'ordine, chi la mancanza di servizi rivolti alle persone in situazioni di disagio, dando vita ad un dibattito particolarmente infuocato. Rivelatore è però forse il commento di tale Iepaso, che si sofferma sulla dichiarazione del sindaco di Pozzuolo – poco più vecchio del presunto assassino – «che dice di non conoscere Garbino pur abitando nella stessa piccola frazione di Zugliano». Affermazione che accusa piuttosto l'isolamento sociale vissuto ormai anche in paesini dove un tempo ci si conosceva tutti, e porta a chiedersi se, avendo avuto coscienza della situazione di disagio in tempo utile, «si sarebbe potuto fare qualcosa di più per un disadattato divenuto atroce assassino salvando la vita di questa innocente».

Ad invitare al silenzio evitando commenti inopportuni è però soprattutto il commento di Stregaveneta, a dispetto del nickname: «Non ci sono parole per calmare il dolore, la rabbia, della famiglia; quindi con tutto il rispetto possibile da mamma, innalzo una preghiera perché la coscienza degli uomini ritorni ai valori del rispetto di ciò che abbiamo di più prezioso: la vita».

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