Udine, mozione in Consiglio comunale per il sostegno alla natalità
Su quali politiche possano effettivamente essere efficaci per contrastare la denatalità si fa un gran discutere, sia a livello nazionale che locale: eventuali bonus, agevolazioni, investimenti in infrastrutture per l’infanzia e quant’altro, per essere efficaci devono infatti concretizzarsi su entrambi i livelli.
Parlando del livello locale, un provvedimento sui cui sviluppi può essere interessante mantenere l’attenzione è quello adottato dal Comune di Udine, con l’approvazione all’unanimità di una mozione del consigliere Paolo Ermano lo scorso 22 luglio.
La mozione parte da una serie di premesse sull’attuale crisi demografica, che in Friuli si fa particolarmente sentire : basti dire, stando ai dati Istat, che nel 2023 si sono registrate in Regione circa 7000 nascite (-4,1% sull’anno precedente contro il -3,6% nazionale, con punte del -6,9% a Trieste e -5,2% a Udine), mentre il numero medio di figli per donna è sceso da 1,25 a 1,21 (punte di 1,13 sempre a Trieste e Udine). Il tutto legato, tra le altre cose, all’innalzamento dell’età media del primo parto (32 anni e mezzo), dal calo del numero di donne in età fertile (-25% dal 1983 nella città di Udine) e più in generale della popolazione tra i 15 e i 49 anni (-28%, a cui fa ovviamente da contraltare un aumento degli anziani). Le proiezioni demografiche, si legge nella mozione, parlano di un calo del 10% della popolazione della Provincia entro il 2028, e del 20% entro il 2033; percentuali meno accentuate – 3 e 10% rispettivamente – a livello comunale, ma con un calo concentrato nella fascia giovane. Il tutto, ovviamente, rischia di generare un circolo vizioso di calo di offerta educativa, ricreativa e di servizi per i più giovani, che più facilmente si sposteranno altrove – nonostante la presenza in città di un ateneo di rilievo.
Nonostante questo, anche le “piccole” – perdonateci se le definiamo così, perché piccole non sono – iniziative che possono sostenere le famiglie hanno avuto scarsa risposta: nella mozione si osserva infatti che «nel 2022 è stata istituita la prima rete di Ristoranti Famiglia Friendly sostenuta dalla rete Moige (Movimento Italiano Genitori). Dei 25 ristoranti indicati per la Regione Fvg, nessuno ha sede a Udine». Più in generale, «il suo centro storico esclude da tempo le fasce più giovani, mancando di luoghi di gioco e di incontro in spazi pubblici. La Ludoteca e la Sezioni Ragazzi della Biblioteca sono poste in luoghi poco visibili e le attività private che offrono servizi per l’infanzia sono sempre meno, così come sempre più limitato è l’utilizzo delle sedi parrocchiali come luoghi di incontro»; e «molti spazi pubblici e molti spazi privati aperti al pubblico non forniscono servizi di base per le famiglie (es.: aree gioco, fasciatoi)».
Che fare, dunque? Sarà perché il promotore della mozione è un docente universitario, ma viene messo alla luce un vizio di base nel mettere in campo iniziative: «Per quanto esistano diverse fonti sulle previsioni demografiche di lungo periodo, non si conoscono studi con analisi di scenario che stimino l’impatto di questa crisi demografica sul tessuto economico, pubblico e privato, e più in generale sulle condizioni di vita». Insomma: prima di fare qualcosa, per capire che cosa fare e farlo in maniera efficace bisogna sapere di preciso in che scenario ci si sta muovendo non solo ora, ma anche in prospettiva. Non solo: pesa anche, si afferma, il «disallineamento fra gli stretti margini operativi del Comune per affrontare questa emergenza cronica e gli impatti importanti che questa crisi avrà sul tessuto urbano e più in generale e con maggior forza, sul Friuli».
Di qui, la richiesta al sindaco e alla Giunta di muoversi su due fronti: da un lato, «dare incarico a enti o soggetti esperti, tra cui l’Università degli Studi di Udine, di produrre una ricerca atta a valutare l’impatto di medio lungo periodo della crisi demografica sui fondamentali economici e sociali della città»; e dall’altro di operare sia a livello comunale che più ampio per attivare tutti quelli strumenti che consentano di andare oltre i ristretti margini di manovra di cui sopra. Tra le azioni proposte c’è quella di «modificare i regolamenti sulla concessione di risorse pubbliche a beneficio di imprese e associazioni in modo da rendere premiale ai fini delle graduatorie l’impegno da parte dei soggetti richiedenti verso l’offerta di servizi per l’infanzia», di «considerare l’opportunità di creare spazi di gioco per l’infanzia nell’area del centro storico», ma anche di «farsi promotore verso la Regione […] per valutare la possibilità normativa e finanziaria di parificare e ampliare i congedi parentali sia obbligatori sia facoltativi […] ricorrendo agli spazi di autonomia della Regione […] o facendosi promotore di tale esigenza presso le istituzioni nazionali».
Tutto bene sulla carta, dunque, e anche tutti d’accordo essendo la mozione stata votata all’unanimità; ma quali sviluppi ci sono stati, o quali sviluppi attendersi?
L’estate di mezzo, naturalmente, ha messo in pausa tutte quelle questioni che non richiedessero attenzione immediata; ma Ermano, da noi contattato, assicura che la cosa non è ferma. «Proprio ora, alla ripresa dei lavori, con alcuni colleghi abbiamo un programma un incontro sulla questione dei regolamenti – afferma -: modificarli cioè affinché vengano concessi più punti in graduatoria nell’ambito della richiesta di fondi pubblici a quelle realtà che assicurano certi servizi per l’infanzia, come fasciatoi o bagni dedicati. Non nascondo che non sono questioni che richiedono pochi giorni, ma sono fiducioso che ci arriveremo».
L’auspicio è anche quello che, se questo approccio si dimostrerà efficace, possa essere adottato anche in altri Comuni come buona pratica.
Se la ricerca verrà effettivamente commissionata all’Università o ad altri enti, e quali frutti potrà dare, sarà il tempo a dirlo; ma l’attenzione di chi è interessato a queste tematiche sugli sviluppi delle idee lanciate nella mozione rimane comunque alta.