Ucraina: quali prospettive?
Ad oltre due anni dall’invasione russa del territorio ucraino la situazione sembra vedere le forze militari del Cremlino guadagnare lentamente spazi nonostante la resistenza delle truppe di Kiev e le forniture di armi, munizioni e la presenza di istruttori occidentali. Le sanzioni comminate, per ammissione ormai condivisa, sembrano non aver scalfito più di tanto l’economia di Mosca, anche perché non sono state applicate da tutti gli Stati ed anzi alcuni hanno rafforzato il loro interscambio, come nel caso della Cina.
Per quanto riguarda le vittime, morti e feriti, i numeri oscillano largamente dato che i due contendenti attribuiscono sempre all’altro cifre elevate e a sé altre decisamente minori, ma comunque si tende a parlare di mezzo milione di combattenti e di 10/20 mila civili uccisi. La propaganda di guerra e la disinformazione ci impediscono di avere dati certi, ma già il quadro tracciato sommariamente è drammatico, a cui peraltro vanno aggiunti tutti i feriti e i mutilati di questo scontro armato (il rapporto denominato in inglese KIA/WIA Killed in Action/ Wounded in Action tra morti e feriti è calcolato attualmente su 1:10).
Su tutto questo aleggia anche la minaccia nucleare, agitata verbalmente da Putin sin dall’inizio del conflitto e oggetto di accuse reciproche tra Washington (5.044 testate) e Mosca (5.580) in occasione di apposite esercitazioni condotte sia dalla Nato sia dalla Russia in queste ultime settimane del 2024.
Per quanto riguarda i danni economici, si parla di 500 o 700 miliardi di euro, ma ovviamente con il conflitto ancora in corso è assolutamente impossibile dare stime attendibili, per non parlare poi dei danni ambientali (foreste bruciate, fiumi inquinati, territori disseminati di mine e ordigni inesplosi, devastamenti di vario genere ecc.), ipotizzati intorno ai 52 miliardi di euro (la centrale nucleare di Zaporizhzhia si erge a ulteriore minaccia latente).
Mentre Mosca ha possibilità di attingere energie fresche da una numerosa popolazione per rinsaldare le sue truppe (1.320 milioni di uomini e almeno 2 milioni di riservisti), Kiev si trova alle prese con contingenti relativamente più limitati (500 mila) al punto che i veterani sul fronte da due anni non possono rientrare a casa e si cerca di raccogliere nuove truppe ricorrendo agli ucraini espatriati che si tengono alla larga dal rientrare nel proprio Paese. La guerra così prolungata sta logorando la solidarietà e la coesione sociale del Paese, tanto che si sono anche avute già dallo scorso autunno manifestazioni di protesta dei familiari a favore del rientro degli esausti veterani.
Le notizie che ci giungono dal fronte, come dicevamo, confermano una lenta ma continua avanzata russa e una logorante resistenza ucraina, mentre proseguono pressanti le richieste di Zelenskj per armi a munizioni, possibilmente sempre più sofisticate per colpire anche in profondità il territorio russo, nelle retrovie.
I Paesi occidentali continuano a sostenere Kiev e in particolare l’Unione Europea a fine marzo scorso ha ribadito «in modo sempre più risoluto l’indipendenza, la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina entro i suoi confini riconosciuti a livello internazionale», aggiungendo che «l’Ucraina necessita con urgenza di sistemi di difesa aerea, munizioni e missili. In questo momento critico, l’Unione Europea e gli Stati membri accelereranno e intensificheranno la fornitura di tutta l’assistenza militare necessaria». Vengono fornite nuove armi come i missili balistico tattici Atacms, missili per i sistemi di difesa aerea a corto raggio National Advanced Surface-to-Air Missile Systems (Nasams), missili da difesa aerea Patriot, carri armati Leopard e munizioni di vario tipo. Ma a volte tra l’annuncio dell’aiuto militare e la consegna effettiva passano dei mesi se non anni (vedi il caso degli aerei F16 con anche il relativo addestramento dei piloti), mentre la guerra continua a infuriare e a mietere vittime.
La Nato sta continuando ad aumentare i propri bilanci della difesa al punto da essere arrivata collettivamente a ben 1.341 miliardi di dollari nel 2023, di cui 916 degli Stati Uniti e 376 della Nato europea, a fronte dei 296 della Cina e dei 109 della Russia.
In questo clima l’Ue sembra sempre più orientarsi verso un’economia di guerra, aumentando i finanziamenti al settore dell’industria bellica, soprattutto tramite l’Edf, Fondo europeo per la difesa, con 8 miliardi, e l’Edip, programma europeo per l’industria della difesa, 1,5 miliardi, e diminuendoli in altri ambiti, tanto che il cosiddetto Green Deal (patto verde europeo) sta largamente arretrando. Si annunciano affari d’oro per le aziende belliche tanto che, per rimanere a casa nostra, la Leonardo ha conseguito nel primo trimestre 2024 un margine operativo lordo di 182 milioni di euro (+67%), con un utile netto più che raddoppiato a 93 milioni.
Mentre i conflitti in atto stanno oscurando l’emergenza dovuta ai cambiamenti climatici, vera minaccia globale, continua a non apparire all’orizzonte un’ipotesi alternativa alla guerra che veda un’iniziativa diplomatica volta ad avviare una trattativa tra i contendenti. Oltre al piano A (sconfitta militare totale della Russia) non sembra esistere una piano B (una trattativa), per cui se l’Ucraina da sola non ce la fa a vincere la Russia, l’unica alternativa residua sarebbe un intervento militare della NATO con tutte le conseguenze devastanti che questo comporterebbe. Le proposte che avanzarono a suo tempo una cinquantina di diplomatici italiani e il piano proposto dalla Cina continuano ad essere ignorati. Perché? Forse il ruolo di mediatore che potrebbe svolgere la Cina, in quanto abbastanza non coinvolta con le due parti, ne favorirebbe una sua ulteriore affermazione sulla scena mondiale e magari Pechino potrebbe richiedere in cambio anche di avere mano libera sulla questione taiwanese, due prospettive che l’Occidente e in primis gli Stati Uniti non desiderano affatto nell’ambito del grande gioco geopolitico globale.
Nel frattempo il terribile gioco della guerra continua.
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