Ucraina, la corsa al rialzo
Da un paio di settimane la guerra che noi vediamo (non quella che purtroppo avviene sul terreno, che continua a mietere centinaia di vittime al giorno) è quasi esclusivamente mediatica. Da una parte e dall’altra si fanno annunci roboanti, non parlando ma gridando, mentre si contraddicono le azioni, o piuttosto gli annunci della controparte con battute ad effetto, spesso al limite della volgarità e ben oltre il limite della menzogna.
Così la Russia annuncia la sperimentazione, ormai operativa, dei suoi missili ipersonici che avrebbero il potere di contrare ogni azione bellica ucraina e della Nato, essendo assolutamente inafferrabili dalle contraeree. L’annuncio, con tanto di corollario che dei sottomarini nucleari scortano le navi militari che li ospiterebbero, viene fatto in contemporanea su tutte le principali agenzie di stampa mondiali. L’opinione pubblica pro-Zelensky reagisce con parole indignate (e preoccupate) invocando un’adeguata risposta della Nato per la difesa della democrazia.
Ecco, quindi, la corposa campagna di annunci sui carri armati tedeschi Leopard, anzi Leopard-2, che Berlino non voleva cedere agli ucraini e che non volevano nemmeno che coloro ai quali erano stati venduti (esiste una clausola nei contratti che impedisce agli acquirenti di vendere ad altri tali armamenti) li passassero a Kyiv senza l’accordo dei produttori. Ma, forse, dietro il nein tedesco c’era solo la richiesta di mutare in yes il not degli Stati Uniti a proposito dei loro carri armati, gli Abrams. Così, pari e patta, gli ucraini avranno qualche decina di esemplari di entrambi i carri, anche se Kyiv ne invoca centinaia, e anche se prima di tre mesi non potranno essere operativi né gli uni né gli altri, al netto ovviamente di tutte le questioni logistiche che potrebbero sorgere per l’uso di mezzi che definire complessi è un eufemismo.
Sia come sia, la guerra della propaganda tra Berlino e Washington – la ritrosia degli uni (i tedeschi) e degli altri (gli statunitensi) nasceva dal timore di vedere allargato il conflitto anche agli eserciti della Nato, superando la sottilissima linea, non codificata peraltro, tra l’appoggio esterno e l’implicazione diretta nel conflitto – ha portato sul campo di battaglia virtuale mezzi «senza i quali la vittoria non arriverà», come sentenzia il presidente Zelensky.
Ma non è finita: di fronte a tali minacce, il Cremlino ha lasciato filtrare notizie stampa su enormi commesse di missili nord-coreani alla Brigata Wagner, il ben noto esercito mercenario di supporto all’esercito regolare di Mosca, annuncio subito contrastato dai militari a stelle e strisce con la minaccia ventilata di “passare” agli ucraini dei bombardieri F16. Annuncio poi rientrato, ma subito dopo sostituito da un altro annuncio, quello della fornitura di missili GLSDB a maggiore gittata, ennesima arma spacciata per vincente per il conflitto russo-ucraino.
In tutto ciò va situata la fake news di un accordo tra Francia e Italia per la produzione e l’invio a Kyiv di 700 missili Aster… Annunci che non si sa mai se siano pura propaganda o se nascondano reali nuove forniture ai combattenti. In ogni caso, la potentissima lobby della produzione bellica gongola, perché pare che nell’opinione pubblica stiano venendo meno le remore degli ultimi decenni sorte nei Paesi occidentali contro il continuo aumento della produzione di armi. Mentre continuano ad apparire articoli e interviste sulla presunta e grave riduzione delle scorte di armi convenzionali nei Paesi europei, obbligando quindi i rispettivi governi ad aumentare le spese per la difesa.
Penoso spettacolo bellico. Tutto fa spettacolo verrebbe da dire, anche se le armi pubblicizzate da spot costosissimi girati dai migliori registi trasmettono la certezza che «con quest’arma vinceremo». Nulla di meno sicuro. Le guerre sono per loro natura, l’abbiamo ripetuto cento volte, il luogo della menzogna e della propaganda. Mentre sullo sfondo, sfuocata ma reale, c’è la minaccia nucleare, che renderebbe obsolete tutte le armi convenzionali di cui si parla e sparla sugli schermi di questo mondo.
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