Ucraina, la battaglia del grano

Guerra nella guerra, quella dei cereali prodotti da Kiev ma che restano a marcire nei silos ucraini. Mosca blocca i porti e conquista nuove quote di mercato
(AP Photo/Francois Mori)

Un’ulteriore battaglia sembra essere stata ingaggiata in Ucraina, ed è quella del grano. Dopo la guerra militare, la cyberwar, il conflitto tra i servizi segreti, la tenzone commerciale e quella comunicativa, ecco che sempre più si staglia come un conflitto di estrema gravità quello del grano, e dei cereali e degli oli vegetali in genere, di cui l’Ucraina è grande produttore, il settimo al mondo, con 26 milioni di tonnellate annue, la metà delle quali venivano esportate in Paesi in via di sviluppo. Il problema è che tale enorme massa di grano usciva dal territorio ucraino attraverso i porti sul Mar Nero, soprattutto Odessa e Mariupol, i cui porti mercantili attualmente sono impossibiliti a funzionare.

C’è il rischio, quindi, che gran parte del grano prodotto finisca col marcire sui campi o nei silos, e che non pochi Paesi al mondo patiscano di penuria di approvvigionamenti per l’alimento di base di mezzo mondo, quello che non ha il riso come principale cibo.

Effetto secondario, l’aumento del prezzo del grano nelle borse internazionali, che in un anno ha superato l’80 per cento. Se i Paesi ricchi possono stringere la cinghia e pagare di più il proprio pane, i biscotti e la pizza, in numerosi Paesi al mondo (ad esempio Siria, Iraq, Egitto, Yemen, ma anche Burundi e Mali, giusto per fare qualche nome) i cittadini non sono più in grado di pagare tali prezzi. Un caso significativo è quello della Siria, che si trova improvvisamente a dover esportare il grano prodotto, prima di soddisfare i bisogni interni, semplicemente perché la gente non ha i soldi per comprarlo.

La Commissione europea ha perciò lanciato un progetto per riuscire ad esportare almeno una buona percentuale del grano, del mais, altri cereali e oli vegetali prodotti in Ucraina attraverso ferro e gomma, cioè ferrovia e camion. Si tratta di una corsa contro il tempo: 20 milioni di tonnellate di cereali e oli vegetali dovrebbero così lasciare l’Ucraina in meno di tre mesi, utilizzando le infrastrutture ferroviarie e stradali dell’Unione. Il piano Ue prevede soluzioni di emergenza, ma anche misure a medio e lungo termine per collegare e integrare meglio l’infrastruttura ucraina, in particolare le reti di trasporto ferroviario, con quella dell’Ue. «Vogliamo garantire le catene di approvvigionamento alimentare per l’Europa e il resto del mondo − ha affermato il commissario Ue per l’agricoltura Janusz Wojciechowski −. La soluzione principale sono i corridoi verso i porti polacchi del Mar Baltico», come Danzica e Gdynia.

Il problema consiste soprattutto nel fatto che le ferrovie ucraine non sono attrezzate per trasportare il grano e gli altri cereali in tali quantità: riuscivano a trasportarne solo un quarto. E poi c’è il problema degli scartamenti: i vagoni ucraini non possono viaggiare nelle ferrovie dell’Europa occidentale, perché la distanza tra le ruote metalliche è inferiore a quella standard della Ue. Ciò obbliga a trasbordare i cereali via gomma tra le stazioni ucraine e quelle polacche o ungheresi, o ancora della Moldavia e della Romania. Ulteriore inciampo viene dalle questioni doganali. Perciò la Commissione europea «esorta le autorità nazionali ad applicare la massima flessibilità e a mettere a disposizione il personale adeguato onde accelerare le procedure ai valichi di frontiera».

Secondo le statistiche più recenti, Kiev non riesce ad esportare attualmente che un quarto del grano che in precedenza vendeva all’estero. Con il piano dell’Unione europea si pensa di moltiplicare per tre tale massa di cereali. Ma bisogna anche fare i conti col fatto che Mosca, secondo produttore di grano e cereali al mondo, non solo blocca la produzione ucraina, ma cerca di conquistare le parti di mercato lasciate nel frattempo libere da Kiev, atteggiandosi a salvatore delle popolazioni altrimenti affamate. Anche questa è la guerra, signore e signori.

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