Ucraina, cioè Siria 2
Viaggiando in Siria, verso Aleppo, sfiorando la zona di Idlib che ancora non è tornata in mano ai governativi di Assad alleati con Putin, la presenza russa è oggi discreta, ma qua e là si vedono i tank di Mosca così diversi da quelli siriani, ben pitturati e lucidati da mani evidentemente più danarose di quelle siriane. Oggi viene da ripensare alla strategia russa in Siria, e paragonarla alle mosse che attualmente, in tempi più ristretti, Putin sta imponendo ai militari a proposito della campagna in Ucraina.
Si era trattato innanzitutto, nella strategia putiniana in Siria, di preparare la guerra ammassando truppe in punti sicuri (prima fase) per attaccare poi, in una seconda fase, con missili e bombardamenti dell’aviazione, mentre in contemporanea agivano in luoghi prefissati i commando infiltrati nel territorio o già da tempo presenti sul posto. Se in Siria, come in Ucraina, i cieli erano e sono praticamente in mano russa, molto meno si può dire a livello del suolo, perché i commando siriani erano molto più efficaci e diffusi di quelli favorevoli ai russi in Ucraina.
La terza fase è stata in Siria quella dell’occupazione delle singole città, con strategie adattate al territorio e alla entità della resistenza. Una volta raggiunta con i blindati, gli elicotteri e i carri armati una città, la si è occupata solo parzialmente con le truppe, nei punti nevralgici, contando sulla presenza degli agenti siriani fedeli ad Assad e dei commando che hanno dato l’impressione alla popolazione che “i russi sono ovunque”. Naturalmente il supporto dall’aria è sempre presente. In Ucraina siamo all’inizio di questa terza fase.
Infine, nella quarta fase, in Siria, si sono prosciugate le sacche di resistenza. Così la presenza russa è rimasta limitata – spostare soldati in Siria non è come farli scendere in Ucraina! −, ma il controllo del territorio è stato progressivamente totale. Assad, prima della controffensiva, aveva solo il controllo del 25 per cento del territorio, attualmente copre il 90 per cento, o giù di lì.
La strategia adottata in Ucraina, in un tempo molto più accorciato, è simile: ammassare le truppe, attaccare con missili e aviazione, mentre i commando entrano in azione, poi discesa in lunghe colonne verso i centri delle città (questa è la fase attuale), quindi occupazione dei centri, infine prosciugamento delle sacche di resistenza.
Ma il meccanismo sembra essersi inceppato, in primo luogo perché i commando a disposizione di Mosca erano meno numerosi e meno organizzati in Ucraina che in Siria, e sono stati in gran parte neutralizzati. Il trasferimento delle truppe sembra poi rallentato da tanti fattori, in primis la resistenza degli ucraini e anche dalla vastità del territorio e quindi dai problemi di approvvigionamento più gravi del previsto.
Il resto è questione di stretta attualità. Probabilmente, alla fine, una parvenza di occupazione generalizzata sarà comunque ottenuta dai russi, perché è troppo forte il divario di armamenti a disposizione, mentre i rinforzi provenienti dall’Occidente non saranno operativi prima di alcuni mesi. Ma a che prezzo la Russia prenderà possesso del territorio ucraino? Quanto resisteranno gli ucraini? Quante saranno le vittime russe? In Ucraina è evidente, a differenza della Siria, come non ci sia dalla parte dei russi un apparato statale capace di supportare le truppe di assalto dell’alleato.
Un’occupazione russa diffusa, ma non completa né tantomeno sicura, è allora ancora probabile. Tutto ciò, ovviamente, senza contare l’opposizione non solo degli ucraini nel loro territorio, ma anche di tanti russi in Russia che non voglio sentire parlare di guerra. Sentimenti che non potranno che accentuarsi nel momento in cui i bancomat saranno vuoti e chiusi (già ora cominciano ad essere a secco), in cui i prodotti alimentari esteri non ci saranno più nei supermercati, in cui i prezzi aumenteranno a dismisura. Tra due mesi si saprà veramente se l’effetto delle misure di embargo e di ritorsione occidentali avranno portato il loro effetto. Mentre non si potranno più nascondere – questione psicologicamente importante − le salme dei soldati russi, che attualmente non vengono restituite alle famiglie. Forse, come affermano fonti ucraine, non sono 6 mila i russi già uccisi in guerra, ma certamente non sono poche unità come vogliono far credere a Mosca. E allora forse le cose cambieranno.
N.B. Tutto ciò ha senso se si rimane su un piano di guerra “convenzionale”. Le iniziative di pace stanno moltiplicandosi in tutto il mondo. Piccoli gesti e grandi manifestazioni, resistenze passive, visibili o meno, veglie di preghiera, anche atti di sabotaggio informatico… La prospettiva di una guerra nucleare, oggi possibile, in cui non potranno che esserci solo perdenti e nessun vincitore, va combattuta con ogni mezzo, nel piccolo come nel grande. Politici e diplomatici debbono fare la loro parte, ma anche i semplici cittadini hanno la loro responsabilità. Perché si tratta di una questione di vita o di morte per tutti.