Uccise un ragazzo di colore, agente non sarà incriminato

Negli Stati Uniti scoppia la protesta dopo la decisione del giudice di non incriminare il poliziotto che a Ferguson, nel Missouri, uccise Michael Brown, di 18 anni, lo scorso agosto. Una decisione che segue l'uccisione, da parte di un agente, di un bambino afroamericano di 12 anni che giocava con una pistola giocattolo in un parco a Cleveland. La notizia vista dai media e commentata dal popolo dei social network
Proteste e scontri a Ferguson dopo la decisione di non incriminare l'agente responsabile dell'uccisione di Michael Brown

«Scoppiano le proteste dopo il no all'incriminazione del poliziotto di Ferguson», «Una pausa per ascoltare, poi la rivolta», «Ferguson in fiamme», «Scoppiano i lacrimogeni»: sono di questo tono i titoli di apertura dei quotidiani americani, nel giorno dopo la controversa decisione della corte di non incriminare il poliziotto Darren Wilson per l'uccisione di Michael Brown lo scorso 9 agosto. Una corte composta, fa notare il New York Times, da nove bianchi e tre afroamericani: difficile non pensare ad un pregiudizio razziale di fondo, essendo Wilson bianco e Brown afroamericano. Una decisione che ha dato luogo a una vera propria guerriglia urbana in diverse città americane, nonostante – fa notare il Washington Post -, la precisa richiesta della famiglia Brown di osservare 4 minuti e mezzo di silenzio in segno di protesta pacifica, a ricordo delle 4 ore e mezza in cui il corpo di Michael è rimasto senza vita sull'asfalto prima di essere portato via.

La protesta però, soprattutto delle cosiddette minoranze – che minoranze più non sono, basti pensare agli ispanici che costituiscono ormai la maggioranza della popolazione in diverse zone del Paese – corre in primo luogo in rete. «America,ti disconosco», afferma Dustin senza mezzi termini, postando un video girato dopo l'uccisione di un dodicenne afroamericano da parte di un poliziotto che aveva scambiato la sua pistola giocattolo per un'arma vera; «Non so che dire a tutti i miei amici afroamericani – scrive Adrien, di origini filippine -, se non insegnare loro la compassione e la giustizia, per quanto molte volte nemmeno questo sia abbastanza».  Il sentimento più diffuso sembra però la disillusione: commenti del tipo «Nessuna sorpresa», oppure «Ma come, non lo sapevate negli Usa uccidere è legale?» non si contano. Ma questo episodio, diventato il simbolo di molti altri simili che continuano purtroppo a ripetersi, stimola anche la voglia di capirne di più: «Vorrei sapere cos'è una corte giudiziaria, come funziona, come vengono scelti i suoi componenti – scrive Iona sulla bacheca Facebook di una sua amica avvocatoperché davvero non so spiegarmi quello che è accaduto».

C'è anche però chi sta, per così dire, dall'altra parte della barricata: «I media hanno dimenticato di spiegare che cosa voglia dire fare un lavoro in cui a volte il principale obiettivo è arrivare a casa vivo – lamenta Glenn nel commentare un articolo su Buzzfeed -: non è assolutamente stata data alcune voce ai poliziotti e al loro disagio». Qualcuno, come Ryan, afferma addirittura che «il poliziotto ha fatto quello che ha fatto per sopravvivere, per legittima difesa: se Brown avesse obbedito all'ordine di fermarsi non sarebbe accaduto nulla». Più che tra bianchi e (ex) minoranze, dato che la protesta per quanto avvenuto è trasversale, il Paese rimane piuttosto diviso tra chi ritiene che la legittima difesa possa arrivare a tanto e chi no: dopotutto, osserva Gregory, «nessuno che oggi vive in questo Paese ha mai posseduto uno schiavo nero; e oggi le forme di schiavitù sono ben altre, e toccano bianchi e neri indistintamente. Per cui accogliamo l'invito della famiglia di Michael ad evitare la violenza, perché è giunta l'ora di superare queste divisioni. Insieme».

I più letti della settimana

Il sorriso di Chiara

Abbiamo a cuore la democrazia

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons