Tutti i coreani sono fratelli e sorelle
“Tutti i coreani sono fratelli e sorelle, membri di un’unica famiglia e di un unico popolo, parlano la stessa lingua”. Prima di partire per Roma e lasciare la Corea papa Francesco si rivolge così al popolo coreano. L’omelia pronunciata alla Messa per la pace e la riconciliazione diventa così un testamento per questa parte del mondo divisa in due. Il Vangelo è emblematico: è la pagina in cui Gesù chiede di perdonare fino “a settanta volte sette”. E il perdono è la strada indicata da papa Francesco ai coreani per la difficile sfida della riconciliazione di questo Paese.
Che la sfida della riunificazione non sia per niente facile lo dimostra il fatto che al suo arrivo a Seoul la Corea del Nord ha lanciato tre missili a corto raggio dalla costa orientale nel Mar del Giappone appena 35 minuti prima dell’arrivo di Francesco in Corea. Padre Federico Lombardi ha minimizzato la vicenda. Ma la notizia certamente rivela quanto in questa terra sia fragile la pace. Dal 1953, Nord e Sud hanno vissuto divisi, sviluppando sistemi culturali e sociali assolutamente polari tra loro. Il Papa ha parlato di famiglia. Ma il processo di riavvicinamento si rivela estremamente lungo e complesso. In questi anni ci sono stati morti e bombardamenti e i cuori si sono raffreddati. “Anche se si realizzasse l’unificazione tra le due Coree – ha confidato al papa il presidente dei vescovi coreani, mons. Peter Kang U-Il – mi viene in cuore il dubbio e mi preoccupo, se saremo capaci di accettare e abbracciare calorosamente il popolo del Nord considerandolo come proprio fratello e nostro prossimo”.
Per questo lasciando Seoul il papa ha proposto al popolo corano di percorrere non una via politica o diplomatica. Ma un cammino interiore. “Gesù ci chiede – ha detto – di credere che il perdono è la porta che conduce alla riconciliazione. Nel comandare a noi di perdonare i nostri fratelli senza alcuna riserva, Egli ci chiede di fare qualcosa di totalmente radicale, ma ci dona anche la grazia per farlo. Quanto, da una prospettiva umana, sembra essere impossibile, impercorribile e perfino talvolta ripugnante, Gesù lo rende possibile e fruttuoso attraverso l’infinita potenza della sua croce”.
Dalla Corea il papa ha lanciato poi un messaggio molto forte all’Asia. “Spero fermamente – ha detto – che i Paesi del vostro Continente con i quali la Santa Sede non ha ancora una relazione piena non esiteranno a promuovere un dialogo a beneficio di tutti”. Chiaro il riferimento alla Cina e alla Corea del Nord. E singolare il fatto che questa mano tesa sia stata offerta come “una speranza” e non una rivendicazione ed è stata espressa non in un contesto politico ma parlando ai vescovi del continente.
A questo continente – con le sue storie e la sua vasta estensione di terre – il papa ha indicato come strada e vocazione la cultura del dialogo. La parola chiave è: “empatia”. E’ quella capacità di “non limitarci ad ascoltare le parole che gli altri pronunciano, ma di cogliere la comunicazione non detta delle loro esperienze, speranze e aspirazioni, delle loro difficoltà e di ciò che sta loro più a cuore”. E parlando a braccio con i vescovi dell’Asia, ha aggiunto: “Non devo portare l'altro a me stesso”. “La Chiesa non cresce per proselitismo ma per attrazione”. E’ la risposta che attende oggi l’Asia perché da un dialogo condotto così, non c’è nulla da temere e tutto da guadagnare. Apre fraternamente le porte e fa tendere spontaneamente le mani. La speranza è che riesca anche ad abbattere i confini e i muri storici della diffidenza e vincere le antiche inimicizie.
Il papa è arrivato in un momento critico per la vita di questo Paese. Alle prese con una crescita economica frizzante ma anche con un clima sociale messo a dura prova da tensioni di tipo politico e sociale. “Corea, esci dalla tristezza”, ha titolato il quotidiano economico più importante della Corea del sud e la televisione nazionale “Kbs” ha dedicato ore di dirette alla visita del papa. La Corea in questi giorni ha dimostrato di essere all’altezza delle sue sfide. La sua gente, la sua generosità, la sua antica storia hanno aperto al papa la porta del continente asiatico. Terra ricca di culture e tradizioni. Qui vive il 60 per cento della popolazione mondiale. Bergoglio ci ritornerà presto, a gennaio, con i viaggi in Sri Lanka e Filippine. Segno che il papa venuto dall’Argentina sta via via spostando l’asse della Chiesa da Roma verso il mondo intero.