Tutelare il parlamentare per tutelare il Parlamento
Ha fatto scalpore il voto della Camera sull'arresto del deputato Alfonso Papa. Ma perché è necessaria un'autorizzazione? Ci spiega i profili giuridici della questione il prof. Luigi Aricidiacono, ordinario di diritto costituzionale.
Ad occupare le prime pagine dei giornali e le aperture dei tg, in questi giorni, è stato soprattutto il voto sulla richiesta di arresto del deputato Pdl Alfonso Papa e del senatore Pd Alberto Tedesco – accolta nel primo caso, respinta nel secondo -. Ma perché è necessario che il Parlamento autorizzi l’arresto di un suo membro? Lo chiediamo al prof. Luigi Arcidiacono, ordinario di Diritto costituzionale all’università di Catania, già preside della facoltà di Giurisprudenza e membro della commissione nominata da Violante nel 1996 per elaborare un rapporto – purtroppo rimasto lettera morta – sui rimedi contro la corruzione nella pubblica amministrazione.
Come mai la nostra Costituzione, all’articolo 68, prevede che sia necessaria un’autorizzazione della Camera di appartenenza per procedere all’arresto di un parlamentare?
«Il parlamentare svolge una funzione particolare, in quanto rappresenta tutto il popolo. Per questo i nostri Padri costituenti hanno ritenuto di provvedere ad un filtro nei confronti di possibili azioni persecutorie nei loro riguardi, per quanto ora sia meno incisivo in seguito all’eliminazione dell’autorizzazione a procedere con la riforma del 1993. Il concetto che sta alla base è che, tutelando il parlamentare, si tutela il Parlamento stesso».
Altro nodo centrale della questione è stato il voto segreto, che avrebbe consentito ad alcuni di non seguire le linee del partito senza esporsi direttamente: in quali casi viene adottato?
«Le segretezza è uno strumento di libertà del voto, espressamente prevista nell’ipotesi di giudizi sulle persone. La richiesta di voto palese, avanzata da alcuni parlamentari, deriva da un’interpretazione estensiva della norma che personalmente non condivido».
Criticato è stato anche il fatto che abbia votato sulla richiesta di arresto, in quanto membro dell’assemblea, anche lo stesso Papa.
«Sarebbe buon costume astenersi, in quanto, per così dire, si libera la propria libertà. Tuttavia l’onorevole Papa non era tenuto a farlo, e, votando, non ha violato alcuna norma».
Era dal 1984 che il Parlamento non si esprimeva in maniera favorevole ad una richiesta di arresto: siamo ad un punto di svolta? Che cosa è cambiato?
«Al di là delle circostanze politiche entrate in questo voto, personalmente pavento un ritorno ai primi anni Novanta, quando il Parlamento, riconoscendosi “inquinato”, si dimostrò debole di fronte a Tangentopoli. Nel caso di Papa non credo sussistessero le condizioni che motivano l’arresto preventivo, ossia il pericolo di fuga, quello di reiterazione del reato o di inquinamento delle prove: mi sembra quindi di vedere il ricorso storico di un senso di soggezione verso la magistratura, con conseguenti problemi di credibilità istituzionale. E quando un potere dello Stato si sente soggetto ad un altro non è mai salutare per la democrazia».