Tutelare i migranti fin dalla partenza

Le Caritas siciliane, in prima linea nell’emergenza sbarchi, si sono trovate a Lampedusa per studiare nuovi modelli d’accoglienza per facilitare la richiesta di asilo. Chi arriva oggi in Italia lo fa per sfuggire alla guerra e alle persecuzioni
Immigrati morti a Lampedusa

Non si fermano gli sbarchi e non c’è tregua per i soccorritori che dopo la tragedia del 3 ottobre anche ieri sono stati impegnati nel soccorso di più di duecento migranti sbarcati a Lampedusa assieme ai corpi di chi non ce l’ha fatta, ventuno al momento. I numeri non sono mai esatti perché su questi barconi della morte non c’è mai un biglietto ufficiale che certifichi le presenze e le partenze. Sui media fanno notizia i mancati approdi, le mort,i ma i vivi continuano ad arrivare: infatti in questa settimana altre cinque carrette sono state soccorse senza esiti drammatici, ma con il dramma costantemente dipinto sui volti di questi uomini, donne e bambini in fuga dalle guerre e dalle persecuzioni.

Gli sbarchi di questi ultimi tempi non sono di giovani che tentano la fortuna o cercano una realizzazione nel vecchio mondo, hanno invece il volto della disperazione e della persecuzione di regimi crudeli che affamano e uccidono i propri popoli: eritrei, somali, siriani.

Le caritas siciliane, negli scorsi giorni, proprio a Lampedusa hanno lavorato per affiancare il Governo con un piano di accoglienza che non costringa i migranti – dopo traversate al limite dell’orrore – di sperimentare la reclusione e l’emarginazione dei Cie (Centri di identificazione e esplusione). I numeri degli arrivi costringono spesso ad operare in emergenza e ad approntare ricoveri di fortuna che ben poco hanno di umano. Solo il centro di Lampedusa, che dopo due incendi è autorizzato ad accogliere 300 migranti, nei giorni scorsi ha toccato quota 900: impossibile garantire letti e adeguata assistenza. Il premier Letta stesso, in una visita a sorpresa, lo ha definito «non degno di un Paese civile».

«La sensazione – spiega Antonello Ferrara, responsabile dell'Osservatorio Povertà e Risorse della Caritas di Siracusa, che da militare ha operato lui stesso sulle navi che hanno soccorso i migranti – è che questi servizi rispondano più alle esigenze di uno Stato e di una legge che a quello delle persone. Nella nostra città ad esempio sono arrivati 2.400 minori in quattro mesi. Sono state create case per loro in una situazione di emergenza, spesso con precarie condizioni igieniche. Qualcuno ha preso la scabbia, ma non poteva essere visitato senza un tutore che lo accompagnasse dal medico. Le Francescane missionarie di Maria assieme ad un gruppo di avvocati, all’Arci e all’ufficio per la pastorale ecumenica sono riuscite a garantire dei tutori momentanei per rispondere al disagio, ma questo non può divenire la prassi, per questo noi come Caritas di Siracusa li sosteniamo con alcuni progetti».

Ai volontari e agli operatori della Caritas, la Bossi-Fini non consente di entrare nei Centri e accompagnare il lavoro istituzionale con un supporto di umanità, con servizi aggiuntivi, ed è per questo che vogliono proporre un progetto a costo zero che non trasformi i migranti in detenuti finchè non vengano espletate le lunghissime pratiche di riconoscimento che non sempre si concludono con la richiesta d’asilo, ma invece con processi e richieste di risarcimento per il reato di immigrazione clandestina.

«È illogico continuare ad agire nell’emergenza – continua Ferrara -, occorre pianificare come ha fatto, ad esempio, la Germania, che ha istituito delle sezioni ad hoc dei consolati dei Paesi di provenienza dove i parenti già sul territorio tedesco possono depositare i documenti di chi intende lasciare i Paesi in guerra o in stato di miseria. L’arrivo dei migranti viene normato e non si corrono i rischi delle traversate clandestine. Giunti a destinazione un bancomat con trecento euro assiste questi migranti che vivono presso famiglie loro vicine, mentre viene loro garantita la possibilità di un lavoro e dell’istruzione per i figli».

Il Mediterraneo non è quindi l’unica rotta possibile, anche se la più sponsorizzata dagli scafisti e dai mercanti della morte: una catena errata di informazioni che Ferrara, soprattutto per i siriani, propone di interrompere utilizzando i blogger locali. «I siriani, soprattutto, sono medici, farmacisti, avvocati, ingegneri che fuggono dalla guerra e hanno accesso alla tecnologia. Potremmo risparmiarli da viaggi rischiosi e drammatici». «Occorrerebbe una tutela in partenza e il diritto d’asilo facilitato – è la proposta di Oliviero Forti, responsabile nazionale del settore Immigrazione Caritas italiana -. Le leggi italiane consentono delle possibilità anche in questa direzione».

Dal canto loro, le diocesi siciliane e italiane in generale, non sono preparate sufficientemente all’accoglienza. «Abbiamo tanti educatori, abbiamo l’otto per mille – prosegue Ferrara – e quindi perché non creare noi centri più umani e non lasciare solo a società esterne la gestione della migrazione? Per un bambino lo stato italiano versa ogni giorno 70 euro e per accogliere un immigrato in un centro ci vogliono "cash" 1.200 euro, indipendentemente dal periodo di permanenza. Il risultato sono giornate senza niente da fare, nell’attesa di documenti e di controlli. Invece si potrebbero organizzare corsi di lingua e di avvio al lavoro. La Chiesa potrebbe fare di più e noi stiamo studiando come fare, senza pesare sui contribuenti».

Intanto la piazzetta di Lampedusa si trasforma in un campo di calcio: le partite sono una delle rare occasioni di svago, almeno per i ragazzi e per gli uomini. È un piccolo campionato del mondo estemporaneo: non si contano le nazionalità, né si parla dei vissuti tragici. Qui anche un pallone può essere segno di una normalità cercata e calciata con decisione.

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