Turchia, le amministrative premiano Erdogan

Al di là dei dati divergenti diffusi dalle due principali agenzie di stampa turche, emerge comunque la netta riconferma del premier in carica. Un approfondimento
Il premier turco Recep Tayyip Erdoğan

«L’Akp, partito al governo, mantiene l’appoggio dei suoi elettori», questo il titolo di apertura dell’importante quotidiano Zaman, che riconosce il successo del premier Recep Tayyip Erdoğan, al termine di una tornata elettorale per le elezioni amministrative. I giorni scorsi sono stati carichi di tensione, afferma lo stesso quotidiano, con accuse di frode, tagli della corrente elettrica e oscuramento, da parte del governo, di vari social network.

In effetti il partito del premier sembra aver raggiunto il 46 per cento dei voti con una notevole crescita rispetto alle elezioni municipali del 2009, dove si era fermato a un pur ragguardevole 38,8 per cento. Il partito di opposizione, il Republican People's Party (Chp), principale antagonista dell’Akp, si è fermato intorno al 27 per cento. Altre fonti affermano che il partito del primo ministro abbia addirittura superato il 50 per cento.

Qualsiasi sia il risultato definitivo, appare chiaro che Erdoğan esce vincitore dalle elezioni che vedono il suo partito alla guida delle amministrazioni di Istanbul, dove lo stesso premier è stato sindaco a metà degli anni Novanta, e di Ankara. In effetti, ad un primo esame della situazione, il premier sembra essere riuscito a mantenere unito il suo elettorato, che comprende diverse anime del Paese: quella anatolica, soprattutto, ma anche quella musulmana e, non lo si può sottovalutare, anche quella della gente delle campagne.

C’è chi teme ora, sottolinea Zaman, un ulteriore tentativo di recrudescenza dell’autoritarismo che ha caratterizzato l’ultima fase del governo dell’attuale premier, creando dure reazioni soprattutto a Istanbul. I risultati emersi dai seggi non sembrano, tuttavia, essere stati influenzati dai fatti di Gezi Park, che nella primavera dello scorso anno avevano portato folle di dimostranti a piazza Taksim, e nemmeno dall’ondata di accuse di corruzione che ha colpito, verso la fine del 2013, il partito al potere, coinvolgendo anche membri della famiglia del primo ministro.

Spesso, nel corso della campagna elettorale, Erdoğan ha parlato di complotti internazionali ed ha accusato anche di tradimento i seguaci di Hizmet, il movimento fondato dal leader spirituale Fetullah Gülen, oggi negli Usa, ma capace di mobilitare grosse folle di persone grazie alle sue scuole e in grado di convogliare capitali privati a supporto dei propri progetti educativi in Turchia e in vari Paesi, soprattutto nella striscia di Repubbliche di cultura turca che va dal Mar Caspio verso la Cina: Paesi un tempo parte dell’Unione sovietica e oggi indipendenti.

Nei giorni scorsi, in un'interessante intervista rilasciata a la Repubblica, Gülen aveva auspicato che chi si trova al potere possa garantire il progresso democratico, la pace e la tranquillità ottenuti negli ultimi anni. Il riformatore turco, che si ispira da sempre al poeta sufi Yunus Emre, ha affermato di essere impegnato a pregare e a lavorare per evitare comportamenti ed azioni che possano portare ad una polarizzazione del popolo turco. La posizione politica di coloro che seguono il suo movimento di rinnovamento spirituale e sociale, ha sottolineato Gülen, è quella di votare in base a determinati valori. «Finora – ha sottolineato – non siamo mai stati in linea con nessun partito. Come cittadini, non abbiamo altre aspettative se non il rispetto della legge, dei diritti e delle libertà universali».

La tensione continua anche nelle ore successive alla chiusura del ballottaggio elettorale. Le due principali agenzie-stampa, che danno notizie sui risultati della consultazione, l’Anadolu news agency del governo e quella privata affiliata a Hizmet, Cihan news agency, hanno dato cifre diverse, anche se rimane chiara la vittoria del partito al governo. Inoltre, Cihan ha affermato di essere oggetto di attacchi di pirateria cibernetica, che impediscono la copertura reale della situazione.

Si tratta di una ulteriore prova che il braccio di ferro fra il premier e il riformatore religioso continua ed esprimere, in un certo modo, i mille volti della Turchia dei giorni nostri, al centro di cambiamenti che toccano la storia del Paese dalla rivoluzione di Kemal Ataturk ad oggi. A fronte della globalizzazione, dello sviluppo avuto dal Paese euro-asiatico negli ultimi anni, della sua posizione nei confronti dell’Europa, del ruolo della religione all’interno della via laica turca, che conserva una sua specificità, si stanno giocando battaglie importanti per il futuro della Turchia e della sua democrazia, ma anche per il suo posizionamento nello scacchiere internazionale. Il ruolo turco nel mondo musulmano, nei confronti di Iran ed Arabia Saudita, ma anche nella mappa globale che tocca i rapporti con Usa, Europa e, non bisogna dimenticarlo, con la Cina, è al centro di equilibri molto delicati.

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