Tunisia, un vicino in difficoltà
Parlando di pandemia, «la Tunisia è il paese che ha il più alto tasso di mortalità dell’intero continente africano e dell’intero mondo arabo». Lo afferma Yves Souteyrand, rappresentante dell’Oms in Tunisia, in una recente intervista all’agenzia France-Presse. Il Paese maghrebino registra più di 100 morti al giorno su una popolazione complessiva di 12 milioni di persone. All’inizio della pandemia (da marzo ad agosto 2020) sembrava quasi che la Tunisia fosse rimasta fuori dai contagi, poi il Covid è esploso ed i morti sono attualmente oltre 16 mila. Negli ultimi mesi «la variante Delta, che è molto contagiosa, è molto presente», ha aggiunto il rappresentante dell’Oms. E, come nella vicina Algeria, cresce il numero di giovani colpiti dal virus in forma grave. Le vaccinazioni procedono molto a rilento per mancanza di vaccini: solo l’11% ha ricevuto una dose e il 5% due dosi (circa 470 mila persone). Gli Usa hanno inserito il Paese fra quelli prioritari per la donazione di vaccini e la Francia ha promesso 325 mila dosi di Astrazeneca. Ma per ora è arrivata solo una fornitura cinese di 500 mila dosi.
Eppure i tunisini si sono ingegnati ed è sorta una iniziativa molto valida. Si chiama CoviDar (Dar in arabo significa casa) e assicura un’assistenza domiciliare medico-infermieristica a moltissimi contagiati che non hanno bisogno di terapie intensive, ma che normalmente richiederebbero un ricovero ordinario. L’idea è di un gruppo di medici, operatori sanitari e volontari che hanno così risposto al rischio ormai imminente di collasso delle strutture ospedaliere. Uno dei promotori è il dott. Hichem Ouadi, 60 anni, e con lui operano anche 140 medici pagati con donazioni, mentre numerosi studenti di medicina gestiscono il call center dotato di numero verde, mettendo in contatto chi ha bisogno di aiuto con gli operatori sanitari più vicini.
La situazione sociale, lavorativa e politica della Tunisia è difficile. La disoccupazione ha raggiunto il 17% e il Pil è calato lo scorso anno di quasi 9 punti percentuali, con un debito pubblico che sfiora ormai il 100% del Pil. Un duro colpo alla caduta della situazione economica lo hanno dato anche, in buona misura, le difficoltà delle economie occidentali che hanno ridotto molto le rimesse dei tunisini che vivono all’estero, e il crollo del turismo. Entrambe le cose sono legate alla pandemia. Un pesante contributo negativo è anche dovuto al perdurare della crisi libica: basti pensare che prima del 2011, con l’inizio della guerra in Libia, sono venuti meno circa 1,7 milioni di libici che ogni anno sceglievano la Tunisia per le loro vacanze; inoltre, sempre a causa della guerra, almeno 100 mila tunisini che lavoravano in Libia hanno dovuto rientrare in patria perdendo il lavoro. Secondo la Banca Mondiale il 24% del calo verificatosi nell’economia tunisina è un riflesso diretto o indiretto della crisi libica.
In questi ultimi anni, inoltre, la Tunisia si è sempre più indebitata con il Fondo monetario internazionale (Fmi) che ha concesso già quattro prestiti nell’ultimo decennio, l’ultimo a maggio scorso di 4 miliardi di euro. L’Fmi, come al solito, chiede riforme strutturali che si trasformano purtroppo in misure di austerity che pesano poi sulla gente in modo gravoso. Ne sa qualcosa la Grecia, che non si è ancora del tutto ripresa dalla crisi del 2009 e dai successivi prestiti costati lacrime e sangue.
Anche la situazione politica e il quadro istituzionale tunisini, come si accennava, sono intricatissimi: in pratica è in atto una contrapposizione tra i vertici istituzionali rappresentati dal presidente del parlamento Rached Ghannouchi, dal Primo ministro Mechichi e dal Capo dello Stato Kaïs Saïed. Soprattutto c’è un evidente conflitto di legittimità tra Presidenza della Repubblica e Governo.
Per quanto riguarda l’Italia, i rapporti tra i due Paesi sono nel complesso più che buoni. Negli ultimi anni, com’è noto, c’è stato un aumento degli sbarchi clandestini di tunisini in Italia. Ed è più che comprensibile data la situazione della Tunisia e la breve distanza: il punto più stretto del Canale di Sicilia è di soli 145 Km. Però l’immagine dell’“invasione” tunisina di Lampedusa e delle coste della Sicilia occidentale, diffusa in Italia, non è a mio avviso reale se si guardano i numeri. Fra gennaio e maggio 2021 sono arrivati via mare in Italia poco più di 2 mila tunisini (meno dei 2.500 migranti provenienti nello stesso periodo dal Bangladesh). E il numero di tunisini in Italia è stabile da almeno 7/8 anni e si tratta di circa 100 mila persone. La Tunisia non è un vicino pericoloso, ma un vicino in difficoltà. Un aiuto fatto di investimenti europei potrebbe essere la strada per una collaborazione e una crescita vantaggiosa per tutti.