Tunisia: Saied si ricandida alla presidenza

Per il 6 ottobre 2024 sono state indette le elezioni presidenziali in Tunisia. Il presidente uscente Kais Saied ha diffuso un video in cui annuncia che dopo attenta riflessione ha sentito il dovere di rispondere “al sacro richiamo della patria” a ricandidarsi. Ma cosa sono stati questi 5 anni della sua presidenza? Come procederà la nuova Commissione Europea nei confronti del Memorandum sui migranti sottoscritto con la Tunisia lo scorso anno?
Il presidente della Tunisia Kais Saied. Ansa EPA/MOHAMED MESSARA

Il 25 luglio scorso la Tunisia ha festeggiato il 67mo anniversario della proclamazione della Repubblica. Era infatti il 25 luglio 1957 quando l’Assemblea costituente dichiarò decaduta la dinastia Husaynide e l’ultimo bey di Tunisi, re da poco più di un anno, Muhammad VIII al-Amin (Lamine Bey), se ne andò a vivere in un modesto appartamento di Tunisi, dove morirà nel 1962. Era stato lui a dichiarare un anno prima l’indipendenza dalla Francia, che aveva dominato il Paese con un protettorato lungo 75 anni. La neonata repubblica, però, attribuì la funzione di presidente ad Habib Bourguiba, che nel 1959 venne ufficialmente eletto presidente, anche perché era l’unico candidato. E presidente rimase senza alternative per 30 anni, destituito solo nel 1987 con un colpo di Stato dal nuovo presidente Zine el Abidine Ben Ali, che “presiederà” la Tunisia per i successivi 23 anni, fino alla “primavera araba” del 2011.

Negli 8 anni fra il 2011 e il 2019 la Repubblica ha fatto alcuni passi avanti, anche se talvolta confusi e contraddittori, ma non è mai riuscita veramente a decollare. Così nel 2019 venne eletto il nuovo presidente, cioè l’attuale: Kais Saied, che riuscì a convincere la maggioranza dei tunisini (72,7%) grazie alla sua fama di incorruttibile e per la promessa che avrebbe spazzato via il nepotismo e la corruzione. Ma Saied, a quanto pare, si sta rivelando una cura peggiore della malattia. In 5 anni è riuscito ad attribuirsi pieni poteri costituzionali, ha licenziato il governo e congelato e poi sciolto il Parlamento. Ha governato per decreti, ha escluso i partiti politici, accettando solo candidati indipendenti (beninteso se da lui giudicati idonei); per essere sicuro delle sue riforme ha anche licenziato alcuni magistrati e sciolto il Consiglio giudiziario supremo, e si è assicurato il controllo dell’Autorità indipendente per le elezioni. Senza contare che molti oppositori, reali o presunti, sono finiti in carcere. Come una ventina di giornalisti, o come Rashid Gannouchi, l’82enne leader di Ennahda (il partito di maggioranza relativa espressione dei Fratelli Musulmani) arrestato un anno fa per “cospirazione contro lo Stato” (si era detto contrario alle iniziative di Saied) e condannato a febbraio scorso a 3 anni di carcere con l’accusa di aver ricevuto, come leader di Ennahda, finanziamenti esteri. O anche come Lotfi Mraihi, presidente dell’Unione popolare repubblicana e candidato alla presidenza, condannato il 26 luglio scorso, per compravendita di voti, a 8 mesi di prigione e bandito a vita dalle competizioni elettorali.

Ma torniamo alla festa della Repubblica del 25 luglio scorso. In quell’occasione, il presidente Saied ha voluto essere magnanimo ed ha firmato due provvedimenti di grazia riguardanti quasi 3 mila detenuti. Ma quello che lascia molto perplessi è il tipo di reato condonato a ben 1.229 detenuti con “grazia speciale e liberazione condizionale”: si tratta di persone in carcere per aver pubblicato post condivisi sui social network. Post evidentemente giudicati “eversivi”, ma comunque soltanto post, espressioni di un pensiero, non prove giudiziarie di complotti contro lo Stato.

E infine la nuova candidatura. Già, perché il mandato presidenziale in Tunisia dura 5 anni e per il 6 ottobre 2024 sono state indette le elezioni. Saied ha diffuso un video in cui più o meno annuncia che dopo attenta riflessione ha sentito il dovere di rispondere “al sacro richiamo della patria”. E quindi si ripresenta come candidato alla presidenza della Repubblica, aggiungendo: «In questa occasione, invito tutti coloro che si preparano a sostenere i candidati a fare attenzione a ogni tipo di inganno. Alcuni sono stati smascherati e altri lo saranno presto. Invito anche a non accettare un millesimo da nessuno, invito anche a non personificare più il potere. Siamo tutti di passaggio e resterà solo la Tunisia». Il no comment qui è decisamente d’obbligo, nel senso più che altro di: “non ci sono parole”. Anche se l’invito a non personificare il potere, pensando alla storia della Tunisia, mi sembra particolarmente azzeccato, ma purtroppo ancora molto lontano.

Una considerazione a parte merita il riferimento agli accordi che l’Ue ha intavolato da circa un anno con la Tunisia di Kais Saied a proposito dei migranti (ovviamente clandestini), provenienti da gran parte del continente africano, che attraversano il mare affrontando rischi mortali, per sbarcare in Europa. Il Memorandum sottoscritto da Bruxelles con la Tunisia lo scorso anno, che prevede contributi in cambio di un controllo dei flussi migratori, non piace ai tunisini ma ancora meno a molti europarlamentari, anche a quelli della maggioranza uscita dalle urne. La ministra degli Esteri tedesca, Annalena Baerbock (copresidente di Alleanza 90/I Verdi), ha scritto una lettera alla Commissione europea, criticando il Memorandum soprattutto per la sua scarsa attenzione verso i diritti umani. Come si muoverà la nuova Commissione europea? Resterà saldo il principio che quello che conta è bloccare i flussi, non importa chi lo fa e come lo fa?

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