A tu per tu con le inquietudini dell’uomo di oggi

La presentazione del libro di Jésus Mòran, “Fedeltà creativa”, edito da Città Nuova, è un’occasione di dialogo fra don Julian Carron, presidente di Comunione e Liberazione, Maria Grazia Vergari, vice-presidente adulti di Azione Cattolica e l’autore del libro, co-presidente del Movimento dei Focolari

Come è iniziata e come continua la sfida della fedeltà ad un carisma dopo la morte del fondatore? Cosa significa rimanere fedeli al mandato dei vescovi e lasciarsi interpellare dall’attualità? Si apre con queste domande del giornalista di Radio Vaticana, Alessandro De Carolis, una serata di riflessione fra alcune realtà ecclesiali. Don Julian Carron, presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione, Maria Grazia Vergari, vice-presidente adulti di Azione Cattolica e Jésus Mòran, co-presidente del Movimento dei Focolari si ritrovano a dialogare sul palco dell’auditorium dell’Istituto San Leone Magno a Roma. L’occasione è data dalla presentazione del libro di Mòran edito da Città Nuova, “Fedeltà creativa”.

«Un carisma non è un pezzo da museo, che resta intatto in una vetrina per essere contemplato e nulla più», esordisce la prefazione del libro, citando una frase di papa Francesco. E continua affermando: «No, il carisma non si conserva tenendolo da parte; bisogna aprirlo e lasciare che esca, affinchè entri in contatto con la realtà, con le persone, con le loro inquietudini e i loro problemi».

In questa citazione potrebbe dirsi racchiuso il senso della serata romana, dove sul palco, al di là della presenza di personalità di rilievo, ha fatto la differenza aver dato vita ad uno di quei momenti di intensa comunione fra carismi e associazioni nient’affatto rari nella Chiesa italiana.

Come nelle pagine del libro che viene presentato, così la conversazione ruota attorno alla domanda di fondo, la fedeltà appunto al carisma, come nel caso di Comunione e Liberazione e del Movimento dei Focolari, o al mandato per cui un’associazione è nata, come nel caso dell’Azione Cattolica che quest’anno festeggia i suoi 150 anni di vita.

Tanti gli spunti che emergono via via. Essere cristiani inquieti, corresponsabili e non solo collaboratori, cercare risposte alle domande che la gente si pone e non a quelle che alle persone non interessano, mettersi per primi in ascolto del proprio carisma, coltivare relazioni forti fra le persone, nelle comunità e fra le comunità, prendersi il tempo necessario per un lavoro di discernimento. E ancora, evitare due grandi tentazioni: arroccarsi nel “si è fatto sempre così”, oppure rischiare una fuga in avanti che, come spiega Mòran, si verifica quando «non siamo più così forti e cerchiamo le risposte altrove, quando vediamo il divario fra quello che siamo noi e quello che è il carisma. Allora cominciamo a dubitare addirittura del fondatore stesso, siamo tentati a non “ascoltarlo” più. Iniziamo a dubitare del carisma, mentre invece dovremmo dubitare di noi stessi».

Ci si interroga sulla generatività. Una frase famosa dello scrittore francese Péguy che Carron cita, spiega molto di come può essere percepita questa dimensione: «Quando l’allievo non fa che ripetere non la stessa risonanza, ma un miserabile ricalco del pensiero del maestro, quando l’allievo non è che un allievo, fosse pure il più grande degli allievi, non genererà mai nulla. Un allievo non comincia a creare che quando introduce egli stesso una risonanza nuova. Non è che non si debba avere un maestro, ma uno deve discendere dall’altro per le vie naturali della figliolanza non per le vie scolastiche della discepolanza». È qui tutta la sfida.

«Oggi siamo chiamati ad essere generativi in spazi e luoghi diversi da quelli soliti e in compagnia di altri – aggiunge Maria Grazia Vergari -. Dobbiamo trovare il coraggio di abitare le soglie e gli atri delle chiese, i luoghi del confronto, recuperare lo stile di Gesù che andava incontro ad ogni persona».

Mòran conclude con un invito: occorre passare dall’autoreferenzialità, pure necessaria in una prima fase per vivere con convinzione dentro i vari carismi, alla fase della maturità ecclesiale. «Ci è richiesto un plus di ecclesialità e un plus di umanità». La sala è d’accordo e lo esprime con un applauso.

 

 

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