Tu che tifoso sei?

Qualche riflessione controcorrente dopo le violenze e le intemperanze degli ultimi giorni a Roma, Cagliari, Varese. L’esempio dell’allenatore del Borussia, Jurgen Klopp, e dei suoi tifosi: un enorme teatro sportivo agghindato a festa applaudiva il suo maestro, grato per lo spettacolo a prescindere dall’ultima stagione, a tratti persino umiliante
Klopp

Dimmi come tifi e ti dirò chi sei. Potremmo riassumere con quest’espressione i fatti degli ultimi giorni pallonari che hanno affollato i media, chiamando in causa il tifo organizzato, meglio conosciuto come mondo degli ultras. Vediamo di trovare le differenze, facendo ordine. A Roma, dopo le polemiche per la chiusura della Curva Sud, ordinata a causa degli striscioni degli ultras romanisti contro la mamma di Ciro Esposito, molti tifosi giallorossi hanno contestato il presidente, l’italo-americano Pallotta, “reo” di avere diramato un comunicato di condanna proprio contro quegli striscioni nonché, coerentemente, di non esporre un ricorso contro la sentenza del giudice sportivo.

A Cagliari, dove la squadra lotta disperatamente contro la retrocessione in Serie B occupando il penultimo posto a sei punti dalla zona salvezza una trentina di ultras hanno fatto irruzione e minacciato alcuni giocatori, permettendosi anche qualche schiaffo. “I miei li ho visti male, stavano male dopo quello che è successo” ha commentato l’allenatore Zdenek Zeman circa quanto accaduto Venerdì intorno alle 19 nel ritiro della squadra: “Non e' stato un confronto. Per il confronto bisogna essere in due. E noi abbiamo solo subito. Per la pace, ma abbiamo subito”, ha concluso il tecnico boemo.

A Varese, sempre nella notte alla vigilia della partita di Serie B prevista Sabato, Varese-Avellino, pseudo-supporters si sono inoltrati all'interno dell'impianto sportivo 'Franco Ossola': hanno segato i pali delle porte, divelto le zolle del prato, sradicato una panchina e tracciato scritte contro i dirigenti della società, “rea” di navigare all’ultimo posto in classifica con appena 28 punti conquistati in 35 partite. Risultato: gara contro l’Avellino rimandata per ovvia inagibilità di campo e dura presa di posizione del presidente della Lega di Serie B, Andrea Abodi. “Saremo durissimi e distingueremo tra tifosi, anche ultrà, e violenti” il suo messaggio. “D'ora in poi la Lega di serie B sarà parte civile in ogni procedimento contro i responsabili di atti che nuocciano agli interessi dei 22 club”.

Eppure negli stessi giorni in Germania, per l’esattezza a Dortmund, l’imponente “curva gialla” del Borussia Dortmund applaude a scena aperta l’allenatore Jurgen Klopp, dimissionario data una stagione fallimentare: eliminata agli ottavi di Champions League, la compagine giallonera lotta per la salvezza dopo avere scalato per anni sogni e vertici di Bundesliga e Calcio Europeo con un calcio coraggioso, giovanile e spumeggiante. Amato per l’impegno, la meticolosità, la passione e soprattutto l’estemporaneità che lo ha reso un “vip vicino alla gente”, Klopp si è congedato osservando la “sua curva”. Il colpo d’occhio è stato magnifico: in un tripudio di cori e bandiere, un enorme teatro sportivo agghindato a festa applaudiva il suo maestro, grato per lo spettacolo a prescindere dall’ultima stagione, a tratti persino umiliante. Perché il calcio questo è: uno spettacolo dove qualcuno vince e qualcuno perde; uno spettacolo, esattamente, se ne faccia una ragione chi lo ama e in generale chi, come ad esempio l’allenatore juventino Allegri, ritiene che il calcio sia invece solo vincere a tutti i costi.

Non a caso, l’idea di Klopp, così amato, era quella di “correre sempre, correre di più e dare tutto per offrire spettacolo alla gente”. Poco importa se Klopp, arrivato 7 anni fa per costruire un progetto spettacolare senza fretta, insieme a un gruppo di giovani disciplinati e combattivi, che poi sarebbe andato a formare l’ossatura di una nazionale tedesca campione del mondo la scorsa Estate, ha finito la sua avventura a Dortmund. Lo ha fatto tra gratitudine e applausi e questo è il tifo che restituisce al calcio la sua essenza di sport meraviglioso: uno sport che è e deve restare di chi lo ama, senza riversarvi le proprie frustrazioni o mancanze a scapito di tanti altri. Se è vero che la curva non fa il tifoso, perché ogni luogo vive di ciò che ogni persona vi imprime, è vero che si impone una scelta di campo che abbraccia tutti, dagli appassionati agli addetti ai valori: la domanda allora, più che “e tu quale curva vuoi”, è “e tu che tifoso sei”?

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