Dopo Tsipras arriva Mitsotakis
Sono arrivata ad Atene il 5 luglio e già in volo ho la possibilità di ascoltare una giovane greca arrivata dall’Italia per votare, entrando subito nel vivo della fase finale di una campagna elettorale singolare, che ho seguito poi da vicino.
Innanzitutto le elezioni sono state chieste da Tsipras, anticipando di 5 mesi la conclusione del suo mandato, dopo il pesante distacco di oltre 18 punti registrato alle europee, per dare subito la parola al popolo, evitando lo stillicidio negativo di una continua campagna elettorale, anche per la riduzione del tempo da dedicare all’ impegno di governo.
Syriza ha provato a ribaltare la situazione, ma i pronostici negativi per la forza al governo si sono avverati. Nea Democratia ha vinto, ma il distacco tra le due principali forze politiche si è ridotto a 8 punti percentuali. Plasticamente il presidente del parlamento uscente dirà la sera di domenica 7 luglio, commentando a caldo con alcuni esponenti del partito, in attesa delle dichiarazioni di Alexis Tsipras subito dopo la telefonata di congratulazioni al nuovo premier: «Siamo caduti dall’Acropolis ma siamo rimasti in piedi».
Vedendo entrare Tsipras, tra gli applausi della stampa e dei presenti, nella sala delle Conferenze di Zappeeion alle spalle dei palazzi del Parlamento del Governo e della Presidenza della Repubblica, non si può non interrogarsi su di lui.
Appena 4 anni fa Syriza e il suo leader avevano stupito per aver quasi moltiplicato per 9 il consenso elettorale. Dal 4% in poco più di un anno, nel 2015 hanno sfiorato il 36%: non solo in Grecia, ma in Europa e oltre, il vento della simpatia e della speranza per il ragazzo di Atene che voleva sfidare il Golia dei creditori in attesa del fallimento della Grecia, soffiava forte.
Perché è cambiato il vento, viene da domandarsi guardando Tsipras con accanto la giovane ministra del lavoro? Non sono bastati i dati reali sul trend positivo dell’economia greca, che dopo sette anni di recessione registra 9 trimestri di fila di crescita, avanzo primario e rendimento più basso di quello italiano dei bond greci a significare stabilità. Non è bastata la disoccupazione scesa di dieci punti percentuali, né le misure a sostegno delle fasce più deboli come la carta di solidarietà introdotta da 3 anni dalla ministra Fotiou, né l’aumento del salario minimo e la reintroduzione della contrattazione collettiva. Neanche il potenziamento della sanità pubblica, quasi eliminata dai governi precedenti, e la riapertura della tv pubblica.
Perchè tutto questo non è riuscito a compattare di nuovo la fiducia della maggioranza del popolo greco attorno a Tsipras? La legge elettorale in vigore per questa tornata elettorale, votata nel 2007 dal governo dello storico leader di ND Karamanlis, infatti, premia con un bonus di 50 seggi il partito che prende un solo voto in più del secondo classificato, praticamente come assegnare un rigore al 90, ma a porta vuota.
Più che i dati reali sembra aver pesato il cosìddetto “impatto emotivo”. Emblematico il caso dell’accordo con la Macedonia del Nord che meriterebbe un approfondimento. Kyriakos Mitsotakis rampollo di una famiglia della più tradizionale oligarchia, ha giocato di rimessa ed ha cavalcato l’onda, potendo contare sulle informazioni trasmesse dalle tv private greche e della stampa in grandissima parte di proprietà delle potenti famiglie degli armatori. Non ha ritenuto di accettare il dibattito con il suo avversario per presentare le ragioni dei rispettivi programmi elettorali, e ha puntato sul suo sorriso rassicurante che in alcuni cartelloni pubblicitari, attorniato dalla squadra dei collaboratori, accompagnava lo slogan “Al lavoro”.
A Mitsotakis è bastato aspettare che tutti i fattori delle previsioni andassero al loro posto. Innanzitutto è riuscito a compattare le forze politiche conservatrici e di destra, promettendo di alleggerire le tasse a quel ceto medio o medio alto che ritiene di aver dovuto pagare in prima persona il debito della crisi.
Ha affermato di essere il nuovo che avanza e gli è stato sufficiente aggiungere che non avrebbe guardato al passato per far dimenticare che il suo è il partito che ha governato la Grecia, dal 1974 in poi con i premier Karamanlis (già primo ministro dal 1955 al 1963), Konstantinos Mitsotakis padre e Samars, insieme a governi socialisti del Pasok, a volte anche in coalizione tra loro.
L’analisi dei collegi dimostra che nei quartieri e nei comuni popolari Syriza ha mantenuto se non aumentato, come nella zona popolare del Pireo la sua fiducia, non lasciando più spazio agli estremisti di Alba dorata.
In Grecia si vive e discute ovunque di politica, di tradizioni ed esperienze collettive sentite nell’intimo senza la retorica sganciata dall’azione a cui altrove siamo abituati. Non esiste storicamente spazio per le compagini politiche di centro. I due partiti principali esprimono due distinte visioni del vivere economico e sociale e degli indirizzi di governo.
Syriza è reduce però da 4 anni di governo in cui gli sono stati imputati molti errori e molti suoi esponenti non hanno mancato di analizzarne alcuni. Forse il più grave è stato dimenticare che la propria forza era l’aderenza alle esigenze della gente, insieme a quello di cercare convergenze includendo nei propri ranghi “pentiti” del Pasok o addirittura anche di Nea Democratia. La base del paese non ha gradito.
Inoltre il potere non sempre è stato gestito nello stile cristallino da Syriza rivendicato e che i greci avrebbero voluto. Ci sono stati episodi che in alcune scelte anche in ruoli importanti si è seguito lo schema della chiamata per conoscenza diretta. Nulla a che vedere, se si guarda nel complesso e si notano anche le scelte correttive fatte nel corso del mandato, con il nepotismo di cui sono intrisi i partiti greci tradizionali (che vede ai vertici pure delle squadre di calcio i figli e i cognati dei vari leader).
Ma l’alternanza è una delle possibilità che offre un sistema democratico e di per sé reca germi di spinte positive perché il popolo da dei messaggi precisi. Nelle dittature la parola non viene data al popolo o a volte non c’è possibilità di essere liberi di arrivare ad un convincimento e poterlo esprimere. Le dittature sono la peggiore sciagura che possa capitare ad un popolo e qui in Grecia lo sanno molto bene.
Usciti dalla narrazione elettorale conteranno i fatti. Il paese che Nuova Democrazia ora governa è fuori dal commissariamento, ma vive ancora situazioni di disagio e di contraddizioni interne. Nessuno si augura una regressione o un peggioramento generale, nemmeno chi ha perso questa battaglia elettorale perché, come diceva lo slogan di Syriza, “la nostra vita viene prima”. Di sicuro l’opposizione vorrà interpretare questo ruolo con grande attenzione ed impegno. Tra la gente che ha votato Syriza circola la convinzione che si è perso il governo, ma non si è stati sconfitti nelle idee.
L’osservatore esterno che sa quanto si è lottato in questi anni per “riportare la società in piedi” non può che aprire il credito a chi deve governare perché onori le speranze in lui riposte con un lavoro mosso dall’interesse per il bene non di pochi, e che come da lui affermato riferendosi al forte mandato ricevuto Kyriakos Mitsotakis possa essere «il primo ministro di tutti, perché i greci sono troppo pochi per restare divisi».