Trump positivo al Covid ha reso fragile l’America

Il presidente è stato trasferito all’ospedale militare di Walter Reed: “un eccesso di precauzione” per la sua salute, riferisce lo staff, una nebulosa per il Paese a poche settimane dalle elezioni.
AP Photo/Alex Brandon

Dopo mesi di dinieghi, sottovalutazioni, ironie, informazioni fuorianti, strategie ondivaghe sulla risposta al “virus cinese”, come continua a chiamarlo nonostante la connotazione discriminatoria, ha dovuto cedere all’evidenza. Donald Trump è risultato positivo al Covid-19. Il raffredore e il malessere che non lo ha lasciato per l’intera giornata di giovedì, durante la serata di raccolta fondi in New Jersey ha una diagnosi precisa: non stanchezza da campagna elettorale, ma coronavirus.

A un mese da oggi, il 3 novembre gli Usa sceglieranno il loro nuovo presidente. Oggi, 3 ottobre, l’America si è svegliata con il suo Commander in Chief ricoverato nell’ospedale militare di Walter Reed in Maryland. Con i suoi 74 anni, l’obesità e altri malesseri connessi, Trump rientra nella casistica a rischio.

Il suo cabinetto ha assicurato che continuerà a lavorare come prima, anche dalla sua camera di ospedale, che il trasferimento è precauzionale e che non ci sarà alcun passaggio di poteri al vicepresidente Mike Pence, come prevede il 25° emendamento della Costituzione in caso di impossibilità a svolgere le funzioni presidenziali. In queste ore rassicurazioni e illazioni si mescolano e nessuno scenario può essere escluso.

L’aggravamento delle condizioni di salute di The Donald, comporterà la ricerca di un candidato che lo sostituisca? L’ipotesi non è di semplice attuazione perchè tanti americani lo hanno già votato, secondo quel sistema che consente di anticipare il voto prima della data ufficiale.

Va valutato un rinvio delle elezioni? La decisione andrebbe presa dal Congresso congiuntamente, ma la polarizzazione delle Camere non renderebbe l’iter semplice. L’incertezza regna. Quella che in questi mesi doveva essere la prova di forza del presidente contro il virus è diventata la prova della vulnerabilità americana.

Tutte le volte che Trump ha negato l’utilità della mascherine o del distanziamento sociale non ha messo a rischio se stesso, ma il Paese che governa, gettato in poche ore nel limbo da un approccio alla pandemia puramente partigiano e ben poco scientifico. Mentre Trump si trovava alle prese con le reazioni del mondo alla notizia del suo contagio, 3 americani su 4 rispondendo ad un sondaggio dell’Associated press rivelavano forti preoccupazioni sulla legittimità ed equità delle elezioni, un’ansia alimentata dallo stesso presidente persino durante il dibattito presidenziale, dove ha chiamato a raccolta le milizie dei suprematisti chiedendo loro, con un’espressione da gergo militare, di “attendere nuovi ordini”.

Se le speculazioni sulla salute e i tweet inappropriati di queste ore prenderanno il sopravvento, nonostante il controllo della Casa Bianca si rischia di lasciare carta bianca alle teorie della cospirazione e ai tumulti conseguenti. La salute del presidente non può essere oggetto di fake news o dibattiti di partito, ne va della democrazia americana, resa fragile da chi la governa, ma ancora con solide fondamenta per resistervi.

 

 

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