Trump bersaglio di un tentativo di attentato

L'ex presidente è di nuovo stato oggetto di quello che appare come un tentativo di assassinio. Le reazioni
Una sostenitrice di Donald Trump vicino alla sua residenza di Mar-a-Lago, in Florida, doipo il tentativo di attentato del 15 settembre 2024. EPA/CRISTOBAL HERRERA-ULASHKEVICH

La storia di Donald Trump pare ripetersi, anche se questa volta fortunatamente in maniera meno tragica: l’ex presidente e candidato repubblicano alle prossime elezioni presidenziali negli Usa è infatti stato oggetto il 15 settembre di quello che, secondo l’Fbi, sembra essere un nuovo tentativo di assassinio. Questa volta, per fortuna, il presunto attentatore è stato fermato prima di riuscire a sparare: i servizi segreti hanno infatti notato la canna del fucile dell’uomo appostato ai margini del campo da golf dove Trump stava giocando. Vistosi scoperto e bersaglio degli spari degli agenti (che non l’hanno però colpito), l’uomo è fuggito abbandonando l’arma, ma è stato arrestato e identificato poco più tardi: si tratta di Wesley Routh, 58 anni, che la Cnn riferisce essere stato arrestato già otto volte per reati minori e sui social diceva di voler combattere e morire in Ucraina.

La cosa ha naturalmente suscitato reazioni, dato che questa si sta ponendo come una campagna elettorale segnata dalla violenza, e in un Paese in cui la libera circolazione delle armi da fuoco appare sempre più problematica.

Reazioni in primo luogo da due candidati presidenti, naturalmente: Trump ha inviato un messaggio a sostenitori e finanziatori, scrivendo che «prima che le voci si diffondano fuori controllo, voglio che sentiate questo: Sono al sicuro e sto bene! Nulla mi rallenterà. Non mi fermerò mai». Kamala Harris, la candidata democratica, ha affermato sui social che «La violenza non ha alcun posto on America».

Anche sui media la notizia appare in apertura, ma tutto sommato con meno “clamore” rispetto a quanto ci si potrebbe attendere.

Il New York Times sottolinea come «un secondo tentativo di assassinio solleva nuove domande sui servizi segreti», che non hanno impedito che l’uomo si avvicinasse; mentre il Washington Post pone l’attenzione su come Trump stia cercando di usare l’episodio per guadagnare ancora più sostegno a fini elettorali. Usa Today ha usato un profilo un po’ più “soft” nei confronti dei servizi segreti, facendo notare come sia assai difficile proteggere un candidato che mantiene “un alto profilo pubblico”; e il Florida-Times Union ha fatto notare la coincidenza – causale, certo, ma che è indicativa dell’atmosfera che si respira oltreoceano – tra il secondo attentato e l’ennesima uscita infelice sia del candidato presidente che del suo candidato vice – l’uno scrivendo sui social «Odio Taylor Swift», cantante che ha dato il suo sostegno a Kamala Harris, e l’altro affermando di non avere «alcun rimorso» per aver diffuso notizie false sugli immigrati haitiani.

Il Los Angeles Times dà voce ad un analista politico consulente dei repubblicani, Mike Madrid, che argomenta come il grande entusiasmo in sostegno di Trump seguito al primo attentato ora si sia affievolito; e questo secondo tentativo di assassinio non avrà grandi influenze sull’esito del voto. Interessante anche l’intervento di Colin Clarke, direttore della società di consulenza Soufan Group, che fa notare come «molti sono preoccupati di che cosa può accadere dopo le elezioni, qualunque candidato vinca. Le cose che fomentano la rabbia oggigiorno sono ovunque, è così facile procurarsi un’arma».

Sempre il LA Times fa notare che c’è però stato un presidente che ha passato anche di peggio: Gerald Ford, che nel 1975 subì sempre due tentativi di assassinio però nell’arco di solo tre settimane anziché nove. Per quanto il contesto e le ragioni della “rabbia sociale” fossero allora del tutto diversi da oggi, il fatto è comunque una conferma in più di come esista un problema radicato di violenza a mano armata.

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