Troppo breve la visita del papa
Era stato chiaro il patriarca latino di Gerusalemme, l’arcivescovo Fouad Twal, quando il 6 gennaio scorso aveva ribadito che «lo scopo principale della visita di papa Francesco sarà la commemorazione dello storico incontro tra il papa Paolo VI e il patriarca Athenagoras, avvenuto 50 anni fa». Il logo della visita non lasciava adito a dubbi: l’abbraccio tra san Pietro e sant’Andrea, patroni della Chiesa di Roma e di Costantinopoli. Dunque, prima l’incontro tra Francesco e il patriarca Bartolomeo, poi il resto.
Il programma perciò risulta per molti lacunoso: nei due giorni tra Betlemme e Gerusalemme gli impegni sono numerosi, ma insufficienti, cosicché la prima obbiezione riguarda proprio i due giorni. Troppo pochi per un papa. Pochissimi per Francesco, così atteso per le speranze che suscita. Tanto più se si fa il confronto con la visita di Benedetto XVI nel 2009, che si trattenne dall’8 al 15 maggio. Insomma, qualcosa di più ampio e più ragionevole.
«Siamo molto felici per questa visita, ma è troppo breve ̶ precisa l’arcivescovo Joseph-Jules Zerey, vicario del patriarca greco-cattolico, nello studio del patriarcato di Gerusalemme ̶ . Papa Francesco viene in Terra Santa e non potrà recarsi al nord, laddove vive la maggioranza dei cristiani. È un vero peccato la mancata visita in Galilea». Confida: «In fase di preparazione del viaggio è stato chiesto a Roma di includere una tappa a Nazaret, ma è stato risposto che due giorni bastavano. Benedetto invece si recò a Nazaret e la sua presenza fu per tutti molto importante».
«Anch’io aspetto il papa con molta gioia. L’ho già incontrato cinque volte e la sua visita avrà sicuramente benefici effetti anche sul mondo ebraico. Ma non mi chieda se ci saranno conseguenze positive per il dialogo interreligioso». Il rabbino David Rosen conosce nei dettagli il programma della visita di Francesco a Gerusalemme e non nasconde la sua «frustrazione». Francesco farà visita al Gran Mufti presso la Spianata delle Moschee, saluterà i due Gran Rabbini di Israele nei pressi della Grande Sinagoga. Benissimo, ma «manca un incontro interreligioso tra cristiani, musulmani ed ebrei, mentre con Benedetto XVI ce ne furono due: quello a Nazaret fu molto importante». Ecco il motivo del suo cruccio.
«Per Francesco ̶ prosegue Rosen ̶ si tratta di un’opportunità persa. L’unica spiegazione che posso darmi è che la Segreteria di Stato abbia temuto che un evento interreligioso avrebbe potuto prestarsi a qualche manipolazione». E aggiunge: «So bene che in passato si sono vissute esperienze negative, ma questi episodi non dovrebbero costituire un motivo sufficiente per scoraggiarci e per non tentare di fare qualcosa di nuovo».
Le aspettative deluse derivano proprio dalla considerazione che il rabbino nutre per il vescovo di Roma. «Papa Francesco, lo sappiamo, è una persona di coraggio e deve aiutarci nell’accelerare il cammino interreligioso. Ben inteso, la visita è un fatto di per sé già molto positivo, ma non posso nasconderle che mi aspettavo qualcosa di più nel programma. Confido comunque nel fatto che il papa abbia il coraggio di dire parole importanti agli israeliani e ai palestinesi in modo da avere un impatto forte sui due popoli, sulle loro coscienze».
«Ho sperato ̶ confida Rosen ̶ che ci potesse essere un’iniziativa di grande effetto Non è infatti un problema per il papa invitare Netanyahu e Abbas (i leader israeliano e palestinese, ndr) a bere un caffè con lui. Servono fatti significativi per il futuro dei palestinesi e degli israeliani». Sin qui i commenti sul programma. Ma tutti si augurano che papa Francesco non se ne lasci intrappolare e faccia anche qui ciò che gli riesce meglio: stupire aprendo nuove vie. E c’è da immaginare che si tengano pronti.