Troppo anziani per essere curati

Dopo gli 80 anni, una serie di prestazioni sanitarie non sono più assicurate. Il pericolo “ageism”. Vi riproponiamo questo articolo del numero sette della rivista Città Nuova dopo che l'impennata di contagi in Svizzera rende verosimile l'applicazione delle linee guida dell'Accademia svizzera delle scienze mediche che prevedono il diniego delle cure agli anziani malati di coronavirus in caso di sovraffollamento delle terapie intensive
(AP Photo/Rodrigo Abd)

Fu Robert Neil Butler – psichiatra statunitense, primo direttore della principale agenzia Usa che si occupa di Alzheimer, vincitore del premio Pulitzer con un libro sulla condizione degli anziani – a introdurre nel 1969 il termine ageism: lo definì come «pregiudizio di un gruppo di età nei confronti di altri gruppi d’età».

Imperfetti
Nei mass-media, ma anche nella ricerca scientifica, i giovani e gli anziani sono spesso considerati incompleti, insufficienti, imperfetti, rispetto alle caratteristiche ideali dell’essere umano. Entrambi sono segnati da pregiudizi, perché il loro status sociale è inferiore: hanno meno disponibilità economica, meno potere, meno capacità di voto, meno considerazione. Ma escludere a priori un paziente dalle ricerche scientifiche o dalle terapie in base alla sola età è un grave errore, senza presupposti scientifici.

Età
Sicuramente l’età è un elemento che richiede una diversificazione delle cure. Facciamo un esempio: il colesterolo alto nell’adulto ha un’associazione con la mortalità cardiovascolare, per cui viene raccomandato l’uso di statine o altri famaci anticolesterolo già in prevenzione “primaria”, cioè ben prima che si abbia una patologia dimostrata.
Ma se il riscontro di ipercolesterolemia avviene dopo gli 80 anni, tale evidenza non è più così sicura, mentre l’uso di farmaci anticolesterolo aumenta il rischio di effetti collaterali anche importanti. Questo non esclude completamente il trattamento nel paziente anziano: è raccomandato, ad esempio, l’uso di statine in prevenzione “secondaria”, cioè solo dopo lo sviluppo di una malattia cardiovascolare.

Costi
Vi sono poi oggi nuove molecole per l’ipercolesterolemia – anticorpi monoclonali inibitori della proteina (PCSK9) – che sono molto più efficaci, ma anche più costose (dai 200 euro delle statine a più di 10 mila euro per un anno di cura per singolo paziente), ponendo seri problemi di sostenibilità economica, ma anche di sicurezza, in particolare negli over 75, per i quali non ci sono studi che valutino il rischio/beneficio. In effetti nell’anziano vanno sempre considerati diversi fattori prima di decidere una nuova terapia: la presenza di altre patologie (comorbilità), di altri farmaci (polifarmacoterapia), la rete sociale e l’aspettativa di vita.

Farmaci
Le comorbilità – ad esempio diabete, cardiomiopatia, insufficienza renale o epatica – possono essere motivo di esclusione dalle terapie. Non è da trascurare il declino cognitivo del paziente, il quale ha necessità di un’adeguata rete sociale che possa aiutarlo a rispettare le visite e l’aderenza alle cure. La polifarmacoterapia – prescrizione di 5 o più farmaci – innalza poi di molto il rischio di reazioni avverse che sono causa di altre patologie, mortalità, peggioramento funzionale e incremento dei costi. In altri casi è preferibile, per la vita dello stesso soggetto, non intraprendere alcuna terapia se il paziente è fragile e/o presenta una bassa aspettativa di vita.

Scelte
La decisione di iniziare o togliere terapie è comunque talora difficile anche per molti medici, non sempre preparati all’esatta formulazione di una prognosi per pazienti con multi-patologia e a gestire un paziente complesso come è spesso quello geriatrico.
Che fare allora? Anzitutto nelle patologie più gravi o rare è importante chiedere un parere clinico a centri di alta specializzazione, con più esperienza, che spesso disegnano protocolli “cuciti” sulle specifiche esigenze dei pazienti più anziani. Vi sono poi diverse reti di associazioni per la tutela dei diritti dei pazienti che possono essere di aiuto, sensibilizzando gli stessi medici e l’opinione pubblica sulle scelte contro un facile ageism.

Selezione
Anche aziende sanitarie territoriali od ospedaliere possono talora diffondere una sorta di “selezione basata sull’età”, giustificando la decisione per problemi economici. Sono scelte che vedono “corto”, non considerando i risvolti economici ben più gravi che si hanno nella gestione dei pazienti quando poi si aggravano o si complicano.

Medico di famiglia
Un ruolo importante continuano ad avere i medici di famiglia: spesso accade che l’ultraottantenne sia scoraggiato dal fare ulteriori indagini o terapie proprio alla loro prima visita. L’arma più utile contro l’ageism è allora una valutazione specialistica geriatrica che con strumenti oggettivi aiuti a capire se il paziente potrà beneficiare di terapie aggressive oppure no.

Geriatra
La funzione del geriatra nasce storicamente per essere “inclusiva” e tentare di proporre interventi adattati e personalizzati a chi viene escluso per ragioni anagrafiche o, appunto, di complessità. Recentemente l’Organizzazione mondiale della sanità ha ribadito come la promozione di un sano invecchiamento da parte delle autorità di sanità pubblica, oltre a essere di beneficio per l’individuo, permette di stimolare la società e l’economia mediante lo sviluppo di sinergie e circoli virtuosi.

Leggi anche: “Coronavirus, gli anziani (non più) scartati” di Aurelio Molè

Leggi anche: “Anziani, tra morte e vita” di Pietro Riccio

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons